Botteghe storiche di Genova, ognuno di noi i propri percorsi, ognuno i propri ricordi… Ma dentro una mappa la quale, direttamente o indirettamente, conferma anche quell’Ianuensis ergo mercator che ha decretato la celebrità commerciale dei Genovesi nel mondo.
Botteghe storiche: un tour di Genova e dei carruggi all’insegna del gusto e della memoria
Il sabato mattina con Luisa Puppo, che li conosce metro a metro, il tour dei carruggi (e delle botteghe storiche) è via via quasi un “obbligo”.
Sua nonna scendeva da corso Dogali per compere specifiche e speciali, mia nonna a propria volta abitava in vico dei Garibaldi e quindi, varcato il portone, s’immergeva subito nel dedalo labirintico della “casbah”, che adorava, ecco la merceria dove recuperare bottoni per una rebecca mai smessa, ecco la latteria tentatrice con l’alzatina di panna ben in vista, ecco i bouquinistes di piazza Banchi dove comprare per me qualche vecchio numeri di “Alan Ford”… Un mondo che per fortuna, malgrado tutto, non è andato perduto.
Botteghe storiche: Genova, la città dove senti “vivere” la storia
Mio padre, a propria volta, ammalatosi nel 1975 di qualcosa che nessun luminare riusciva a diagnosticare (si trattava di ipertiroidismo) si recò quasi disperatamente alla “Farmacia di Sant’Anna”, istituzione del 1650, dove si procurò alcune bottiglie di sciroppi che in parte lo ristabilirono, e vivemmo ciò quasi come un miracolo, sin quando il mai troppo rimpianto dottor Ermanno Grillotti, studio alla Foce, capì finalmente la malattia, che ai tempi fronteggiò col Tapazole.
Ma torniamo a note più liete (segnalo che la Farmacia di Sant’Anna è considerata la più antica delle botteghe storiche genovesi). Per Luisa e per me “botteghe storiche e centro storico” (e immediati dintorni) è la “Polleria Aresu” (1910), sempre affollatissima, a d un passo da quella via della Maddalena che tanti associavano a criminalità e pericolo, ma che viceversa rappresenta uno dei più autentici e affascinanti vicoli di Genova (l’ortolano ha birre artigianali da urlo).
E’ la “Macelleria Nico” (1790), là dove nel Medioevo furono ubicati i macelli, poiché Soziglia era ancora un’area suburbana.
E’ la “Tripperia La Casana” (1890), una delle pochissime superstiti, quando scrissi Il quarto numero cinque. Trippe, busecca, lampredotto (link qui) intervistai i cortesi titolari, che mi regalarono una quindicina di ricette.
E’ “Sa’ Pesta” (1889), tavoli spartani, odore di farinata, quattro chiacchiere col vicino, che magari è un turista o un curioso gastronauta, per raccontargli il genius loci della “Superba”, il rito delle torte salate, e le sciamadde i fainotti i törtâe…
E’ il cioccolato/il gelato di “Viganotti” (1866), coi macchinari e gli stampi del bel tempo andato, puro artigianato d’arte che stupisce buongustai e scolaresche, ne scrissi anche nel mio A scuola di cacao. Conosci e degusta il cioccolato (link qui), accennando al ruolo del porto di Genova – rivale di Siviglia – dove i semi di cacao approdavano dal Nuovo Mondo, diretti anche al Piemonte.
E’ la drogheria “Torielli” (1930), tempio delle spezie, durante il Rinascimento esse costituivano la prima grande differenza tra la mensa dei patrizi e ricchi e quella dei ceti meno abbienti (per un “viaggio” dentro le spezie leggimi a questo link).
E’ il ristorante “Da Rina” (1946), dove sostava il presidente della Repubblica, Sandro Pertini (nativo di Stella San Giovanni…), atmosfera raccolta, mille foto rievocatrici alle pareti, ottimo pesce.
Sono le vetrine di “Romanengo” (1780), che alcuni anni fa ci ospitò in laboratorio per il progetto regionale Sonne und Geschmack, mostrando a buyer tedeschi – che rimasero a bocc’aperta – la preparazione tutta manuale delle uova di Pasqua, dei quaresimali, dei dragées…; di “Klainguti” (1828), attività aperta da fratelli engadinesi innamoratisi di Genova, ieri come oggi salotto charmant, cui auguro una “immediata” riapertura anche per gustare la crema Zena e quei Falstaff (brioches) adorati da Giuseppe Verdi; i capolavori di “Villa-Profumo” (1827), un’impresa che da quasi due secoli nobilita via del Portello con eleganze dolcissime e dove mio suocero, una vita fa, commissionava una Saint-Honoré per gli auguri natalizi in ufficio, ben gentile usanza; di “Mangini” (1876), splendore liberty della famiglia Rossignotti, già attiva a Sestri Levante nella torroneria-cioccolateria (puoi leggermi qui)…
Ma l’album delle meraviglie (e delle botteghe storiche) non è ancora terminato. Stay tuned, amico Lettore, e intanto buon appetito/felice shopping!
Umberto Curti