Cantamaggio, antica usanza – pagana e rurale – durante cui i figuranti celebrando l’arrivo della primavera visitano i borghi e domandano un’offerta in formaggio o… in figlie. Tipica a Leivi, Cogorno, Varese Ligure…, dunque lungo gli entroterra e le vallate a metà strada tra Genovesato e Spezzino. In Valle Arroscia, durante il carnevale, i “mascheri” (giovani travestiti con vecchi abiti femminili, e col viso annerito) bussavano alle porte domandando uova*, olio, vino…
Col raccolto le ragazze organizzavano frittelle salate e dolci, da mangiare festosamente nei “canissi” (baracche rifugio nella campagna, dove a furia di baci furtivi fiorivano anche amori). A metà Quaresima, poi, i giovani si sfidavano alla pentolaccia, in premio un salame, e dopo Pasqua ecco l’albero della cuccagna. Infine, dentro il falò (u scunfogu) di San Giovanni Battista s’arrostivano patate e cipolle – trafugate dai giovani negli orti migliori – , che poi finivano dentro un grande condijun.
Il cantamaggio non andrebbe confuso col piantamaggio, antico rito pagano che annuncia la primavera e – di fatto – simboleggia anche l’atto sessuale che consente la fertilità. Le donne sceglievano un’alta e bella pianta, che il 30 aprile i giovani del paese tagliavano e portavano in piazza. Ripulito da cortecce ed altro veniva piantato dagli uomini, incoraggiati dalle donne. Poi si cantava e si brindava sperando in un maggio fiorente…
*il cantauova, questua “condivisa” col Piemonte, è diffusissimo in Val Bormida: Cengio, Bormida, Cairo, Dego, Plodio
Umberto Curti