Remo Borzini scrisse alla fine degli anni ‘50, fra le altre sue opere, “Osterie genovesi ovvero i tabernacoli dell’onesto peccato”. In Liguria, è stato acutamente scritto dai recensori di quell’opera, la terra è un complemento del mare. Esiste grazie ai villani che l’hanno portata ai loro orti di pietra. Le stradette e le osterie genovesi (alcune ancora attive) ne testimoniano la presenza. Genova, nonostante la posizione marittima, ha una vita sia terrestre che marina. Le osterie sono un mondo di storie e tradizioni liguri da scoprire, come un esploratore tra le mura di casa. Morto nel 2004 all’età di 98 anni, Remo Abelardo Borzini è stato per tutta la vita un innamorato della pittura, della scrittura e della poesia. Zeneize purosangue, molto ha scritto imperniando la sua poetica su quell’umanità ”di scarto” tanto presente anche nell’opera del cantautore Fabrizio De André. Che citava sempre Borzini come una delle sue principali fonti di ispirazione. Tornano alla mente anche il Giovanni Ansaldo delle 24 bellezze della torta Pasqualina cucinata dalla Carlotta, ostessa in Sottoripa, e quelle osterie di Sampierdarena (il Toro alla Coscia, la Gina al Campasso…) che Ligucibario® ha molto indagato e dove camalli, intellettuali, registi, perditempo e ogni sorta di umanità gustavano – seduti fianco a fianco – minestroni e stoccafissi d’autore…
Umberto Curti
Borzini, Remo
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