| Alfabeto del Gusto

Apicoltura (in Liguria)

Fatica di un insetto meraviglioso (disciplinato, laborioso, sociale), il miele è un alimento nobile anzitutto perché “indenne” da ogni manipolazione produttiva… Già Roma e poi il Medioevo gli riconobbero grande importanza (come condimento e dolcificante), talora anche in occasione di rituali sacri… E scriveva (dedicando lo scritto ad un senatore) il georgofilo fiorentino Giuseppe Falchini nel 1747 a proposito delle società “matriarcali” che lo creano: “Questi Animaletti meritano tutto l’amore, e tutto l’incomodo, e tutta la necessaria attenzione per ben custodirli; attesochè sono essi dotati di moltissime Virtù, e prerogative: e la Divina Provvidenza, che in tutte le Opere sue maravigliosamente risplende, in questo, più che altrove, dimostra la infinita sua Onnipossanza, nel conferire di grandi Virtudi a Stromenti deboli, e vili. La provvidenza ha donato a questi piccoli e apparentemente insignificanti insetti, grandi virtudi”… Falchini fu anche eccelso disegnatore di arnie e strumenti, al tempo l’estrazione di miele e cera doveva eseguirsi, evitando ogni disagio alle api, fra metà agosto e la prima metà di settembre, con l’avvertenza di tagliare una adeguata porzione dei favi, sempre inferiore ai 2/3 del nido, per non fiaccare la comunità. L’intervento doveva svolgersi vestendo guanti e una buffa (visiera di velo per proteggere il volto) per prevenire le sgradevoli punture. Estratto il favo, il primo miele si ricavava per colatura e poi, per pressione, quello di seconda scelta. Il miele si conservava abitualmente in contenitori di terracotta, sigillati solo dopo la congrua fase di decantazione…
Ed oggi? Si badi, qualora le api dovessero estinguersi anche l’umanità s’incamminerebbe rapida verso un disastro planetario e avrebbe ben poche chance e stagioni di sopravvivenza * .
I mieli della Liguria sono tradizionalmente dell’entroterra, dove le api caso per caso (la variazione altimetrica varia le biodiversità) bottinano flora di tiglio, castagno, ailanto, acacia, erica, edera, corbezzolo… Colore e sapore di conseguenza variano, ma i mieli – anzitutto il millefiori – rappresentano in ogni caso una risorsa dalle mille proprietà benefiche. Con i tanti boschi e – per fortuna – la rarità di agricolture intensive, la Liguria può effettuare sia l’allevamento stanziale sia il nomadismo (che trasferisce gli alveari in base alle fioriture in corso). Inoltre, la verticalità ligure, che in pochi km ascende dalla costa alla montagna, generalmente, come detto, dà vita a fioriture diversificate. La regione – dove s’incontra anche, a Calice al Cornoviglio (SP), un museo dedicato ** – ospita oggi 2.500 apicoltori per 30mila alveari, con una produzione annua (2020) di circa 500 tonnellate. Ma come si “ricava” il miele? Esso viene asportato dall’alveare di solito tramite getto d’aria o tramite affumicamento, ovvero si origina del fumo così che le api, per diradarlo, sbattano le ali nella parte bassa dell’alveare, consentendo quindi all’apicoltore di prelevare i telai mobili, carichi di miele (si tratta tuttavia di tecniche discutibili poiché non “indolori”)… I telai saranno poi disopercolati (rimozione dello strato di cera che sigilla ogni cella) con uno specifico strumento e collocati in una centrifuga estrattrice. Il miele così smielato si filtra e decanta, e infine s’imbarattola, voilà, non occorre altro. E dai favi vuoti si ottiene la cera con cui realizzare i nuovi stampi di celle.
Conosciamo varie geotipologie di Apis mellifera, ben adattate al territorio che abitano, e capaci perfino di segnalarsi l’un l’altra zone migliori e minacce, ma quella importante in Italia è l’ape “gialla”, Apis mellifica ligustica (Spinola, 1806 *** ). E se l’introduzione di altre alloctone può indurre una produzione lì per lì maggiore, poi quasi sempre crea criticità di ibridazione.
Sostenibilità e biodiversità oggi si legano, come mi ricorda sempre il mio amico apicoltore Cesare, alla lotta contro i tre grandi nemici dell’ape: i cambiamenti climatici (e l’ape è un marcatore ambientale), l’uso agricolo dei neonicotinoidi, e l’invasione di specie aliene (vespa velutina o calabrone asiatico, vorace predatore che, purtroppo, letteralmente impedisce alle api di uscire dall’alveare…).
Per approfondimenti su questa paladina dell’ecosistema, suggerisco inoltre la visione del magnifico docufilm “More than honey” (2012) di Markus Imhoof.
Infine, il miele in Liguria entra nella spungata di Sarzana, nelle cubaite ponentine, nei baci di Alassio, accompagna la prescinseua e gli yogurt…

* miele, propoli e pappa reale sono nutraceutici, producono immensi benefici sul nostro sistema immunitario e non solo. Il miele è un prebiotico che giova anche all’epidermide, idratandola naturalmente. Inoltre l’ape è preziosa anche per il nostro benessere psichico. Il bee humming è una sorta di apiterapia, per cui si ascolta – in sicurezza – il ronzio delle api dentro le arnie nel favo, ronzio che è tenue e costante, diverso da quello che emettono in volo

** Calice al Cornoviglio è, con Savignone (GE), una delle due località liguri aderenti al circuito “Città del miele”. Nel museo, ricavato nei sotterranei (vecchi magazzini) del castello calicese, s’incontrano alcune arnie primitive, strumenti per la raccolta e la lavorazione del miele, stampe, foto, e pannelli esplicativi che percorrono alcune operazioni di smielatura
*** Massimiliano Spinola, conte, nativo di Pézenas in Occitania
Umberto Curti

Commenta