Il corso “Addetto al ricevimento” (codice ARGE- 869/7/3), accompagnato dai docenti, Luisa Puppo e il sottoscritto, si è recato in visita didattica a Camogli. Malgrado un ritardo Trenitalia di circa 40 minuti, la mattinata ha potuto entro le ore 10.00 prendere avvio dal Civico Museo Marinaro “Gio Bono Ferrari”. Guidati dalla gentilissima Elena, i corsisti hanno ammirato per circa un’ora la ricca collezione museale.
Con i suoi 2.000 reperti, essa tutela e valorizza 300 anni della gloriosa marineria camogliese, quei bianchi velieri che solcando i mari hanno esportato nel mondo la sapienza e l’intraprendenza di una comunità le cui alte case colorate, abbarbicate tra colline e onde, sono tuttora il simbolo di una cultura autoctona e orgogliosa. Il Museo aggrega soprattutto materiali (quadri, modellini, strumenti e attrezzature, documentazione cartacea…) dalle guerre napoleoniche alla Grande Guerra ’15-’18.
Notevole anche l’annessa biblioteca, coi volumi del Lloyds Register e del Registro Italiano Navale, nonché documentazioni tematiche a partire dal secolo XVIII.
La mattinata è proseguita al “Porto Prego” in piazzetta Colombo (definirlo ristorante sarebbe riduttivo) dove, ospitati con squisita simpatia da Vittorio, il titolare, i corsisti hanno seguito per oltre due ore un vivacissimo “seminario” sulla pesca e la gastronomia locali.
Vittorio, “uomo-mare” com’era – mi è parso di capire – anche suo padre, Vittorio alieus dai tratti omerici (una razza in via d’estinzione?), ragazzo nato da sale e catrame, ha svelato davvero dal vivo il fascino e la ricchissima biodiversità del Mar Ligure, ed il confronto quotidiano – culturale ed economico – fra uomo e habitat, ma veicolando, prima di tutti gli altri, un messaggio categorico: la natura merita sempre il massimo rispetto.
Nel suo locale la salatura delle acciughe, la realizzazione della bottarga, la degustazione del mosciamme sono rituali lenti, senza fretta, cercando poi di cogliere anche alcuni sapori meno noti, dono di quei pesci (come il tonno) dei quali non si butta via niente.
Il lettore più curioso trova, circa le frattaglie del tonno, anche un mio pezzo sul “Secolo XIX” del 31 luglio scorso, dove accennavo al tarantello (addome magro e semimorbido), al maccarone (vicino alla pinna dorsale), alla buzzonaglia (le parti più scure) con bodano e sdosso, alla sosizella (macinato posto ad essiccare con sale e pepe), al cuore (delizia forte, da gourmet), al lattume (organo riproduttivo), e proprio alla bottarga (in arabo botarikh) ottenuta dall’ovario.
Riscaldati da un sole meraviglioso, corsisti e docenti si sono poi diretti al treno del ritorno, ma – presumo – conservando della giornata camogliese alcuni ricordi forti e forse già indelebili.
Da parte mia, ancora un grande grazie al Museo Marinaro, e a Vittorio del “Porto Prego”, che hanno reso possibile una giornata istruttiva e bellissima.
Umberto Curti