15 giu 2025  | Pubblicato in Ligucibario

Bardineto, a pranzo verso l’Alta Via

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Bardineto, a pranzo verso l’Alta Via dei Monti Liguri. L’Italia è la sommatoria di 20 o forse più splendide cucine regionali, ingredienti di eccellenza e gestioni famigliari che ancora sacrificano quasi ogni minuto del proprio tempo per perpetuare le tradizioni. 

Valerio Visintin, brillante critico gastronomico del “Corriere della sera” (uno dei pochi che davvero valga la pena seguire), di recente s’interrogava su quanto ormai sia costoso pranzare o cenare al ristorante, tanto che varie sale restano semivuote molti giorni a settimana… Si badi che in Italia nel 2024 ben 18 stellati hanno chiuso i battenti.

Ligucibario® ha già ospitato vari pezzi al riguardo, il più specifico (“Ti diverte ancora andare al ristorante?”) è fruibile a questo link. Se ante Covid in Liguria un primo piatto s’aggirava mediamente attorno ai 9 euro ed un secondo ai 18, oggi regolarmente m’imbatto in primi a 16 euro e in secondi a 25. Credo quindi che sia “doverosa” una sorta di resilienza da parte del cliente, tanto più che il format dell’autentica trattoria (pietanze gradevoli, servizio senza fronzoli, conto onesto…) va ormai scomparendo.

Personalmente, da qualche anno, la mia resilienza consiste nell’evitare i locali modaioli (sovente algidi), gli chef stravaganti che ancora – 30 anni dopo! – imiterebbero El Bulli, i vini troppo griffati o troppo “ancestrali”, e le catene di cibo seriale che a mio parere spersonalizzano il momento conviviale, tipico dell’italianità.

Nella mia regione ho al momento, aggregando anche le predilezioni di Luisa Puppo, una ventina/trentina di soste rassicuranti * , e direi che di solito colgo nel segno: quella che “Golosaria” ha eletto miglior trattoria d’Italia – ovvero “Baccicin du caru” a Mele (GE) – è infatti, non a caso, una di quelle mie soste, e posso definire Gianni Bruzzone, il proprietario, un amico con cui condividiamo passioni e ideali…

A quali criteri m’ispiro? Forse a quelli dell’immenso Gino Veronelli, ch’ebbi il piacere di conoscere (sua mamma era di Finalborgo). Mi piacciono i ristoranti che anzitutto privilegiano le cultivar autoctone, le filiere brevi, la stagionalità dei prodotti. Un grande manager alberghiero, Aureliano Bonini, se ben ricordo quasi 30 anni fa saggiamente raccomandava di non tenere in carta troppi piatti, di attenersi anzi alla “regola” del 4+4+4+4 (4 antipasti, 4 primi, 4 secondi, 4 dolci), così da servire ingredienti il più possibile freschi, favorire il lavoro delle brigate in cucina, ed evitare immobilizzi.

L’Italia è la sommatoria di 20 o forse più splendide cucine regionali, una ricetta “rivaleggia” col campanile vicino, abbiamo ottimi vini olii pani, pietanze classicissime che è delittuoso alterare, gestioni famigliari che ancora sacrificano quasi ogni minuto del proprio tempo per perpetuare le tradizioni.

E alle “Collette” di Bardineto – a un passo dalla tappa dell’Alta Via del Monti Liguri che dal colle di San Bernardo procede verso Scravaion – famiglie ne incontrerete per così dire due, quella di Valentina (la titolare e cuoca) e Pedro con la loro piccola Adele, e quella di Angela e Beppino, i genitori di Valentina. Chi è dunque la “nonna Angela” del ragù proposto in menu? E’ colei che per tanti anni ha regnato tra i fornelli di un hotel calizzanese ove si serviva la cucina più qualitativa, concreta e festosa della val Bormida ligure. Valentina è dunque figlia d’arte, anzi è figlia di un’artista.

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A pranzo alle “Collette” ieri, a cavallo fra Liguria e Piemonte anche nei sapori, ho degustato 5 assaggi (3 freddi e 2 caldi) sfiziosi sfiziosi, tra cui un’insalata russa e un flan di fagiolini con fonduta perfetti. A seguire, eccelsi ravioli (quasi “caramelle”) di magro, conditi con burro e timo, profumati ed eleganti, nonché le tagliatelle al ragù di nonna Angela, che ben le legava. Per secondo un capocollo affettato sottile s’accompagnava ad un tris di contorni – zucchine, carote, patate – che riconciliano col sapore delle verdure, e il granfinale ha portato alla ribalta un soffice, voluttuoso tiramisù con fragoline, di strabiliante digeribilità.

Pedro mi ha abbinato a tanta beltà – timoroso come sono degli etilometri – un calice (anziché una bottiglia) di Barbera d’Alba “Pautasso” dell’azienda Raffaele Gili, attiva in quel di Castellinaldo (AT), colline che amo in quanto ospitano anche le vigne di Teo Costa. Un Barbera che confermava tutte le note varietali del vitigno (il frutto rosso, l’ematico, la rosa…) e dal rapporto qualità/prezzo assai positivo. Mi permetto di suggerirvelo.

33 euro il conto, in un contesto di faggete verdi, aria pulita, silenzi, e di cortesia premurosa. Valentina, chapeau, stai costruendo una linea di cucina tutta tua, che riflette il territorio e permette di giungere al caffè senza sovraccarichi. Quanto a voi, amici Lettori (che da tanti anni non siete poi pochi), sapete che Ligucibario® non contiene né mai conterrà pubblicità, e quindi ciò che leggete sono esperienze veritiere e pareri liberi. Buon appetito!

* a Sarzana, Castelnuovo Magra, Ne, Capreno, Altare, Millesimo, Castelvecchio di Rocca Barbena, Erli, Ranzi, Albenga, Castelbianco…

Umberto Curti

Umberto Curti

Umberto Curti

 

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