I ravioli “di Garibaldi” si legano ad una vicenda molto particolare, ed anche luttuosa. Maria Francesca Da Chà Perasso (la “Marinin”), originaria di Pratolungo a Montoggio, in valle Scrivia, trova lavoro a Pegli, riviera ora “genovese”, presso l’agiata famiglia dei Canzio (Stefano Canzio, generale e politico, aveva sposato Teresita, la terzogenita di Garibaldi). A vent’anni la figlia Luigia (la “Rosin”) va sposa a Michele Trucco e nel 1890 i due rilevano insieme la vecchia osteria di Tre Fontane a Creto (sulla ripida carrozzabile Genova-Montoggio), cui è annessa una rivendita di sale e tabacchi e un forno. Disgraziatamente la vita coniugale di Rosin, che da Michele ha generato ben sei figli, viene funestata da una terribile azione delittuosa. Il 3 ottobre 1906 Michele, mentre ritorna da Genova dove ha acquistato generi per la tabaccheria e l’osteria, viene assalito a scopo di rapina. Il cavallo torna a Tre Fontane col calesse vuoto e Rosin, che circondata dai figli è in attesa, percepisce la sventura. Col figlio Mario di 13 anni va in cerca del marito e lo intravvede giù nella scarpata, assassinato con una coltellata alla nuca. La storia della “cavallina storna” di pascoliana memoria si ripete 40 anni dopo con più di un’analogia, e i massmedia dell’epoca sottolineano con enfasi la brutale notizia [ad es. Il secolo XIX del 6 ottobre 1906]. Rosin si dà daffare ed anzitutto richiama da Pegli l’anziana madre, perché la supporti nella gestione quotidiana dell’osteria, dove transitano commercianti, mulattieri, devoti dell’attiguo santuario, a Montoggio non di rado nevica, la vita è impegnativa… Maria porta a Tre Fontane l’esperienza acquisita nei periodi di servizio in casa Canzio, e in primis quei “ravioli di Garibaldi” che Teresita salirà ancora di quando in quando ad assaporare all’osteria, tanto l’affetto per la cuoca era ancora sopravvissuto dentro di lei. La trattoria della Rosin si arricchì in tal modo anche delle vecchie ricette allora in uso nelle cucine “borghesi” della città… Oggi, “accanto” alla sala ristorante dove servono pesto, arrosti, crostate ecc., è visitabile (se ben rammento negli stessi orari di apertura di quella) un minuscolo museo dedicato alla cultura culinaria contadina, dove approfondire le vicende di cui sopra. L’8 settembre, inoltre, si festeggia il santuario, di recente restaurato
Umberto Curti