21 nov 2022  | Pubblicato in Ligucibario

“The menu” al cinema (con gusto)

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“The menu” al cinema (con gusto)

Con Luisa Puppo ho di recente veduto The menu, diretto da Mark Mylod (un regista britannico) e interpretato, fra gli altri, da un ispirato Ralph Fiennes, qui nei panni dello chef Julian Slowik.
Un film surreale, qui e là un po’ grandguignolesco, un jeu de massacre inquietante, ma che trasferisce nello spettatore – specie se appassionato di enogastronomia – momenti di puro piacere.
Non spoilero ai Lettori di Ligucibario® una trama (thriller? horror? commedia?) alquanto sorprendente, teatrale e claustrofobica, sottolineo solo come la pellicola si prenda gioco di molte ossessioni e tendenze culinarie del tempo attuale.
Dietro le quinte debbono aver operato capaci consulenti food, dato che durante lo svolgimento dei fatti si citano cereali, ingredienti e vitigni poco noti ai comuni mortali o d’assoluta eccellenza. A titolo d’esempio, nei calici si susseguono infatti (prima i bianchi poi i rossi) gli Chassagne-Montrachet, i Pinot noir, i Cabernet franc…
Il film, ambientato dietro lussuose vetrate su un’isoletta oceanica, è una costante, affilata e colossale presa in giro dei trend cui la tavola contemporanea è andata piegandosi, e degli chef dal fare estenuato e dal ricettario rarefatto che ormai vivono la professione come sciamani (ma la trascendenza implica conti finali salatissimi…). Elargendo a clienti remissivi e un po’ gonzi, seduti in sale asettiche come cliniche, “esperienze” via via quasi astratte d’odori e colori, più che cucinando per loro piatti concreti e gustosi.
Il regista – via via che inesorabilmente le portate si susseguono – è peraltro assai poco benevolo anche nei confronti dei commensali (tutti tranne una), contro i quali si scaglia appunto il desiderio di rivalsa di uno chef esausto, senza più illusioni: costoro compongono infatti, pedine sulla scacchiera, un’accozzaglia mal assortita di deformità borghesi/capitaliste, fra attori già sul sunset boulevard e giovani rampanti e avidi come squali, fra sous-chef incapaci di ribellarsi e vecchi mariti adulteri, fino ai “critici” delle guide gastronomiche usi solo compiacersi con descrizioni, di location e pietanze, più che altro narcisistiche, scritte per il proprio autocompiacimento…
Suggerisco la visione del film ai foodies più curiosi, ai gastronauti come Luisa e me, ai gourmet e gourmand che sappiano prendersi in giro, ai guru del gusto, che finalmente si concedano 108 minuti di spasso fra ammazzamenti e portate d’ogni consistenza, fra cui, a sorpresa,…un cheeseburger riuscitissimo, guarnito da patatine (fritte a julienne).
Da parte sua, Ligucibario® non si stancherà mai di porgere il benvenuto a pellicole come questa.
Umberto Curti

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