Seguo molto, per interesse personale ancor prima che per “dovere” professionale, quel che avviene in città (Genova).
E così, i giorni scorsi, mi sono “imbattuto” con Luisa Puppo in una mostra bellissima, che caldamente consiglio a chi mi legge: “Le piante e l’uomo. Arte, tradizioni e spiritualità francescana”, al Museo dei Cappuccini, in passo Santa Caterina Fieschi Adorno, fino al 23 giugno (con visite guidate alle 15.30 sabato 11 maggio e sabato 8 giugno). La mostra è visitabile al giovedì (10.00-13.00 e 15.00-18.30) e al venerdì, sabato e domenica con orario 15.00-18.30; è chiusa nei festivi del 25 aprile e del 2 giugno. L’ingresso è a offerta libera. Informazioni ed altro allo 010 8592759 e al 377 3817248. Sono previste anche conferenze alle 15.30 di venerdì 10 maggio, domenica 12 maggio, giovedì 16 maggio e infine giovedì 23 maggio. Website www.bccgenova.it e mail info@bccgenova.org.
Durante il “tour”, che consente anche la visione di 6 interessanti materiali video, ho via via percorso aspetti dell’etnobotanica di ieri e di oggi, e specie vegetali e soprattutto erbe che vengono tuttora validamente utilizzate non solo a scopo alimentare (anche se, da ligure, ho subito cercato notizie del preböggiön…).
I Cappuccini hanno sempre praticato e prodotto un’alta cultura agricola e materiale, tramite una sapienza artigiana che si serviva sovente di fibre vegetali. Inoltre, un’officina dei conventi era la cosiddetta spezieria, dove dalle erbe si ottenevano medicamenti e rimedi di vario genere, utili a prevenire/curare le malattie e a garantire alle persone un maggior benessere. Queste spezierie (guardate che spettacolo i mortai e i vasi nella foto…) rifornivano non a caso anche le farmacie degli ospedali…
Quando Genova, risparmiata da quella manzoniana del 1630, fu colpita come Napoli dalla terribile epidemia di peste del 1656-57 (quasi nulla se non qualche libro – fra cui quello di Romano da Calice – è rimasto a ricordarla), il Doge si rivolse proprio ai Cappuccini, i quali profusero eroicamente tutti se stessi nella disinfezione della città, con miscele di aromi alimurgici e di composti minerali. La peste giunse dal porto a giugno, la città entrò in quarantena, ma purtroppo pare che su 100mila abitanti ne sopravvisse solo un terzo; la strage riguardò in primis – come sempre – i ceti popolari, ma morirono anche artisti, mecenati ecc..
La mostra propone anche antichi manoscritti e rare cinquecentine, ed espone coi meritati riguardi quella “Selva botanica” redatta da Fra Vincenzo Celesia da Gazzo (1864-1926) che fu premiata dal celebre botanico Ottone Penzig durante un congresso svoltosi a Genova nel 1892.
Infine, è ulteriormente ravvivata da momenti interattivi tramite cui il pubblico può consultare dispense di approfondimento, odorare aromi, proporre ricette a base di erbaggi…
Insomma, al Museo dei Cappuccini – luogo già di per sé molto suggestivo – si trascorrono due ore davvero magnifiche, e…grazie ad un video della bogliaschina Gianna Tasso si familiarizza con la ricetta dei pansoti.
Umberto Curti