12 mag 2025  | Pubblicato in Ligucibario

Alfredo Curti nel Mato Grosso

il genovese alfredo curti fra gli indios durante le riprese del docufilm "I misteri del mato grosso"

il genovese alfredo curti fra gli indios durante le riprese del docufilm “I misteri del mato grosso”

Ho partecipato ad un evento che il MEI (Museo nazionale dell’emigrazione italiana) di Genova ha posto in essere per celebrare il proprio terzo compleanno. La struttura beneficia di una sede d’elezione, l’affascinante Commenda di San Giovanni di Prè, che risale al XII secolo e dal Cinquecento si innalza su 3 livelli. La Commenda in sé non fu una chiesa (lo rivelano le architetture), bensì un luogo ad un passo dal mare dove caso per caso pellegrini, soldati, bisognosi e viandanti potevano ricoverarsi. Il sole e la brezza marina che scaldavano e aeravano il loggiato la rendevano verosimilmente un rifugio ospitale. Fu voluta da un ordine cavalleresco (di San Giovanni) in piena epoca di crociate. Da metà Ottocento, poi, si trovò in perfetta posizione mediana tra il porto, scalo di merci e di destini, e la stazione ferroviaria di Principe (la ferrovia per Torino fu inaugurata nel 1853).

L’addetta alla visita, accompagnandoci lungo i diversi spazi museali, ci ha sintetizzato anzitutto le ondate migratorie che dall’Italia e da Genova interessarono via via il Brasile, l’Argentina, gli Stati Uniti, deflagrando a fine Ottocento, nonché quella che durante il fascismo condusse non pochi italiani anche nelle “colonie” africane. Tematiche sempre attuali, e a me alquanto note.

L’emigrazione, come risaputo, fu fenomeno ampio e variegato, che mescolò speranze e tragedie, successi e sofferenze, e di cui ci rimane moltissimo materiale (immagini, epistolari, oggetti…). Personalmente, sono figlio di un “viaggiatore” (che tuttavia per gran parte della vita svolse la professione di rappresentante farmaceutico…) il quale all’inizio degli anni ’50 del Novecento girò un apprezzato docufilm presso alcune tribù del Mato Grosso, fra cui i Carajà, i Kalapalo ed i temutissimi Xavante. Su Alfredo Curti, questo il nome di mio padre, nato a Sampierdarena (al tempo Comune autonomo) nel 1915, è fruibile una documentata voce anche su Wikipedia, la quale non omette neppure alcuni eventi rievocativi di una certa portata che l’hanno riguardato post mortem (2005-2006…).

Di fatto, grazie a quel che mio padre realizzò in Brasile, mi trovo a possedere 1)il docufilm di cui sopra (“I misteri del Mato Grosso”, titolo originale Rio das Mortes, durata circa 70 minuti), 2)il dattiloscritto (inedito) con cui egli ripercorreva i fatti, 3)alcune notevoli fotografie e documentazioni del tempo, 4)ed infine la mia tesi di laurea, discussa nel 1995 col prof. Francesco Surdich, noto docente di “storia delle esplorazioni geografiche”, la quale investigava il ruolo (non solo evangelizzatore…) dei Padri Salesiani, anzitutto da Don Balzola a Don Colbacchini, proprio circa la conoscenza del Mato Grosso.

Poiché non ho figli né eredi di alcun genere, mi duole pensare che tutto questo materiale “termini” per così dire con me dentro una tomba, non scampi ad un ingiustificato e definitivo oblio, e dunque mi domando – poiché in spirito di servizio e in memoria di mio padre volentieri ne farei dono – se esso possa rivestire un qualche interesse per il MEI di Genova o in subordine per qualche analoga istituzione culturale. Fra l’altro, sono certo che anche dal punto di vista editoriale l’aggregazione dello scritto di mio padre con la mia tesi di laurea costituirebbe (con un minimo di editing che attualizzasse e cucisse le parti) un’opera altamente significativa e godibile, e addirittura un cofanetto completabile da dvd…

Non so fino a che punto l’auspicio possa tramutarsi in realtà. Sia come sia, v’è qualcuno anzitutto a Genova con cui io possa parlarne?
Umberto Curti
umberto

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