| Alfabeto del Gusto

Repién

Piatti della memoria, geniali frugalità, cultura del riutilizzo. Per quanto riguarda i “ricicli”, in questo caso di carne, il repién (ripieno) è un sagace piatto unico dell’attuale Spezzino, in primis Rocchetta Vara e Calice al Cornoviglio (che sino al 1923 appartennero dapprima ai cosiddetti “feudi malaspiniani”, d’antica giurisdizione imperiale, e che restarono fino alla Rivoluzione francese indipendenti tanto da Genova quanto dal Granducato di Toscana). In quelle terre di agricoltori, allevatori e piccoli artigiani, il repién si diffuse variando da borgo a borgo (Follo, Sùvero…), e unendo a riso le carni disponibili – appunto – e le verdure.

Si noti che nell’attigua Emilia, subito dietro le creste d’Appennino (a Borgotaro, Parma…), è noto come “bomba di riso”, un bonetto variegato e appagante, e ricorre sempre con l’arrivo dell’anno nuovo, quando bisogna pur preparare qualcosa di grasso… Fra l’altro, poche settimane prima delle Feste natalizie, in concomitanza col rito della macellazione del maiale (leggimi qui) si cucinava per cena, chiaramente in segno di letizia, un risotto, col sugo ottenuto dagli impasti delle mortadella o delle salsicce, a conferma che tutti gli avanzi valevano a qualcosa, che la saggia parsimonia traghettava verso l’avvenire…

La Lunigiana, come noto, costituisce culturalmente e gastronomicamente una peculiare “interazione” fra il mare spezzino (pescato, mitilicoltura, ortaggi e frutta, vini, olii), la via Francigena dei pellegrini diretti a Roma e dei viandanti-mercanti (zuppe, legumi, mieli*) e l’Appennino ligure di Levante che in sinergia con le aree confinanti “ospita” – dove sopravvivono – le civiltà del castagno, del maiale, dell’allevamento da latte e formaggi. La Cisa (mons Langobardorum) davvero mette in contatto mondi diversi, sdipana fascino.

Nello Spezzino rurale il repién si configura quindi come un particolarissimo polpettone, di carne uova verdure, che poteva fungere anche da pranzo “al sacco” – come la fidelansa ponentina, leggimi qui – durante le giornate di lavoro nei campi, nei pascoli, nei cantieri, o da picnic per i pellegrinaggi della famiglia, talora coi parenti ospiti, ad es. salendo – ancora digiuni – a Soviore, o a Montenero, o alla Madonna del Dragnone (Zignago). L’odierna versione privilegia ormai alcuni tipi di carne specifici, tuttavia il repién non rinnega nulla, perché riceve un po’ “tutto l’avanzo di cui in casa si dispone”. Alcune località, infine, lo fasciano tramite foglie di cavolo cotto.

Si veda anche per approfondimenti https://www.taccuinigastrosofici.it/ita/news/contemporanea/cucine-regionali/Riutilizzo-del-pane-nella-Riviera-ligure-di-Occidente.html

* straordinaria la messe di ricerche e pubblicazioni che in questi anni si sono susseguite: “Tratti e piatti della via Francigena” (ed. Toriazzi), “La via Francigena. I piatti tipici” (ed. Laska)… Da parte mia, ho “concorso” con un’approfondita indagine della spongata, leggimi qui

Umberto Curti

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