Nico Orengo fu un giornalista e scrittore torinese, nonché acquerellista, che compose anche versi poetici e filastrocche (specie dopo la nascita del figlio Simone nel 1969). Di origine ligure (e nobile, ma per nulla snob), è seppellito alla Mortola, presso Ventimiglia (IM) ad un passo dalla Francia. I titoli di alcuni suoi libri rivelano bene quell’origine (La curva del Latte * , La guerra del basilico, Gli spiccioli di Montale – Requiem per un uliveto), e l’amore per una terra via via scempiata dalle speculazioni edilizie, terra che Orengo non riconosceva più («…ero cresciuto in un giardino botanico con piante e fiori che venivano dai quattro punti cardinali […]. Io vedevo jacarande e brachichiti, peonie e dature, palme e bambú. Ed entravo in classe dalla finestra, dopo aver attraversato fasce di ulivi e garofani, di rose e fave e carciofi»). Intellettuale dai vasti interessi, sensibile e ironico, di spiccata vocazione ecologista, si tenne sovente nel campo collaborativo dell’editrice Einaudi, e contribuendo alla scoperta di nuovi talenti si mostrò persona sempre aperta e pluralista. Per Einaudi pubblicò nel 1997 il celeberrimo Il salto dell’acciuga, opera creativa, colta, struggente, da antropologi, che piacque a Rigoni Stern, con la quale Orengo “tradiva” i propri territori (l’estremo Ponente ligure), per spingersi verso il Piemonte lungo una traccia arcaica e avventurosa: quella del commercio del sale e delle acciughe (pesce di montagna che si conserva nel tempo), commercio che travalica il Medioevo per farsi mitico… In quelle pagine Orengo riferisce e intreccia notizie storiche e aneddoti di paese, mestieri perduti, odori. E insieme ai riti e ai canti che per via accompagnavano la preparazione della bagna caöda, ci dà del famoso piatto la «autentica» ricetta. Siamo nella val Maira di Dronero, di Acceglio, di Elva, dove s’impasta la tirassa e dove agli acciugai è intitolato persino un ecomuseo…
* Latte è un torrente, che dà il nome all’omonima, piccola piana
Umberto Curti