Era proprio un grosso ceppo d’alloro (troviamo non a caso un rametto della pianta confitto anche nel pandolce natalizio…) quel “confêugo” che a Genova gli Abati del Popolo, rappresentanti le Podesterie di Bisagno, Polcevera e Voltri, sin dall’alba del XIV secolo recavano in dono, la Vigilia di Natale, al Podestà prima, al Capitano in seguito, e infine al Doge, come buon auspicio delle comunità abitanti quello che oggi chiameremmo il fuori porta (e Genova dal 1926 “sconta” un policentrismo non sempre positivo). Usanza antica, tema da antropologi. Il confêugo dopo vari convenevoli era solennemente “trasmesso” all’autorità dinanzi al Paxo, il Palazzo Ducale, dove in origine veniva incendiato e quindi spento con una brocca di zucchero, vino e confetti. La fumata che ne derivava, ben dritta o viceversa storta, prefigurava la soluzione dei vari problemi urgenti in città… La popolazione, poi, si disputava i resti delle braci poiché, si vociferava, possedevano proprietà portafortuna. Ogni anno, si badi, l’antica cerimonia tuttora si ripete * , in varie località liguri, fra cui nel ponente Savona; a Genova il ceppo è adorno di nastri coi colori bianco-rossi, e il Sindaco e il Priore del sodalizio A Compagna hanno ovviamente “rimpiazzato”, uno per parte, Doge e Abate… Oltre all’alloro si è aggiunto nel 1974 «o tondo de Natale» (vedi qui sull’alfabeto del gusto la relativa voce), piatto di ceramica decorata artigianalmente come da tradizione artistica locale.
* benché nei secoli abbia scontato varie interruzioni…
Umberto Curti