7 mar 2025  | Pubblicato in Ligucibario

La torta di Mazzini

mazzini e il museo del risorgimento a genova

mazzini e il museo del risorgimento a genova

La torta di Mazzini, ovvero il lato gourmet di un patriota…

Genova dedica il 2025 all’Ottocento, e – come mi è già capitato di scrivere altrove – la complessità e ricchezza del secolo risorgimentale può talora esser proficuamente “decodificata” e percorsa anche attraverso tematiche gastronomiche. Vediamo questa volta di “assaggiare” l’anno domini 1835.

Giuseppe Mazzini si era laureato in diritto civile e canonico nel 1927, affiliandosi alla carboneria. Aveva quindi iniziato a collaborare all’Indicatore Genovese, foglio di avvisi e varietà, ma evidentemente anche le sue “critiche letterarie” non erano garbate al governo regio e quindi il giornale era stato soppresso.

Ma non tutti sanno che Mazzini – come tanti – si caratterizzava anche per un lato gourmet, ed eccovi quindi la ricetta, con finale autoironico, della golosa, morbida torta di sfoglia e mandorle che, in una lettera da Grenchen in Svizzera (28 dicembre 1835), il patriota ed esule – che in famiglia chiamavano Pippo – spediva alla madre Maria Drago, invitandola a sperimentare e sfornare il dolce quanto prima:
“(…) Prima di dimenticarmi, voglio attenere la mia promessa e soddisfare un mio capriccio. Eccovi la ricetta di quel dolce che vorrei faceste, e provaste, perché a me piace assai. Traduco alla meglio, perché di cose di cucina non m’intendo, ciò che mi dice una delle ragazze in cattivo francese: pelate, e pestate fine fine tre once di mandorle, tre once di zucchero, fregato prima ad un limone, pestato finissimo. Prendete il succo del limone, poi due gialli d’uovo, mescolate tutto questo, e movete, sbattete il tutto per alcuni minuti, poi, sbattete i due bianchi d’uovo quanto potete: en neige, dice essa, come la neve – cacciate anche questi nel gran miscuglio – tornate a movere. Ungete una tourtière, cioè un testo da torte, con butirro fresco, coprite il fondo della tourtière con pasta sfogliata, ponete il miscuglio sul testo, su questo strato di pasta sfogliata, spargete sopra dello zucchero fino, e fate cuocere il tutto al forno. Avete inteso? Dio lo sa. Mi direte poi i risultati: intanto ridete”.

Chi volesse eseguirla, valuti che un’oncia vale circa 29-30 grammi.

Quanto all’abbinamento, io non opterei né per un rosolio né per un tè, come forse avveniva all’epoca anzitutto coi savarin da credenza, bensì per un passito a bacca bianca, servito a 8°C in idonei tulipanini…

Appuntamento (su questi stessi “schermi”) ad una prossima e imminente puntata con…i ravioli di Niccolò Paganini del 1839.
Umberto Curti

Umberto Curti

Umberto Curti

 

 

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