Mario Soldati nacque – fra due secoli, vien da dire – a Torino nel 1906, tutta la vita portò con sé un accento inconfondibile. In gioventù vantò ottime frequentazioni, da Felice Casorati a Piero Gobetti, ciò che si “rifletté” nei suoi libri, nelle sue storie – sin dagli anni Venti – lievi e creative ed ironiche, intrise di tenerezza e talora di thrill e mistero, come s’addice a chi, buon torinese, guardi con curiosità il mondo che gli sta intorno, un mondo, per propria natura, ora grottesco ora magico… Viaggiatore instancabile, ed intellettuale a tutto campo, fu anche regista cinematografico e reporter televisivo, memorabile il ciclo di puntate che – sotto il nome di Viaggio nella valle del Po – svelò una nazione ancora (ma nel senso buono degli aggettivi) provinciale, agricola e… très gourmand, basti il richiamo cui Soldati cedette a quell’anguilla e quella salama da sugo che fanno la gloria della provincia e del delta ferrarese.
A proposito di Liguria, memorabili alcune sue soste alla trattoria “Toro” di via De Marini a Sampierdarena, purtroppo non più esistente, là dove la Coscia ha lasciato spazio a San Benigno.
E sull’Ormeasco (il dolcetto di montagna) Mario Soldati scrisse in Vino al vino (1969-1981), un volume che per alcune parti andrebbe adottato nelle scuole che s’occupano di turismo e d’alberghiero: “Pornassio, il più spettacoloso e originale paesaggio viticolo che abbia mai visto in vita mia. Immaginate un vastissimo arazzo, spesso e folto, arricciato e frastagliato, tutto sulle tinte fondamentali di un rosso acceso e violentissimo, con infinite sfumature che vanno dal marrone al violetto, dal cremisi allo scarlatto, dal fragola al rosa al giallo, con spruzzi di verde. Ma l’arazzo, oltre che denso di colori, appare fermamente costruito, secondo disegni visibilissimi, organici, funzionali: circoli, volute, serpentine parallele, che hanno lo scopo di sfruttare al massimo le concavità e le convessità, gli avvallamenti e i pronunciamenti del terreno, in rapporto all’arco che percorre il sole dall’alba al tramonto. Ne risulta una scenografia fantastica, liberamente geometrica, ma anche massiccia, di una strana violenza pittorica. Se si pensa alle vaste e blande circonvoluzioni sui colli veneti, toscani e piemontesi, la conca di Pornassio suggerisce qualcosa di più vigoroso e più vivo, qualcosa di ultimo e di eroico. L’amore degli uomini per la vigna, in tutto il mondo, non può fare di più”.
Queste righe rivelatrici, questa “Stimmung”, questa disposizione d’animo che l’accompagnò lungo tutta la sua esistenza, non furono forse estranee nemmeno alla scelta di trascorrere lunghi periodi nella lericina Tellaro (a pochi km da Spezia), borgo fortificato con chiesina ed uliveti, gheriglio di carruggi di pescatori, a picco sulle risacche, dove dalle cucine spira sempre un odore inebriante di acciughe, di polpo lesso con patate e olive, e di focacce dolci, immancabili a Natale. Mario Soldati lo definì, quel paesino, “un nirvana tra mare e cielo, tra le rocce e la montagna verde”, beandosi di quell’atmosfera calma e luminosa che induce a meditare, a ricordarsi di se stessi, della nostra vita che scorre fra le altrui, magari davanti ad un bicchiere prezioso di Sciacchetrà, il magico e celeberrimo passito delle Cinque Terre.
Umberto Curti