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Boine, Giovanni

Giovanni Boine fu uno scrittore ponentino (1887-1917), nato a Finalmarina (SV) e morto giovanissimo di tisi a Porto Maurizio * (oggi Imperia), gli dobbiamo fra l’altro il racconto bellissimo e amaro “La crisi degli olivi in Liguria” (su “La voce” del 6 luglio 1911). Vi si legge, tuttavia: “Muri e terrazze, e sulle terrazze gli olivi contorti a testimoniare che han vissuto…I muri e le terrazze a testimoniar che han vinto contro la natura… Gli olivi contorti a mostrar la generosità e l’opulenza delle anime loro”… Le riflessioni di Boine “seguivano” i “Saggi sull’economia olearia” redatti dall’abate Giammaria Picone nel 1808 (ed. Giossi) e “precedevano” l’imponente “Gli olii d’oliva dell’alta Italia e della Sardegna” di Carlo Carocci Buzi (1948). La decadenza della monocoltura dell’ulivo in Liguria s’avvia e deflagra a fine ‘800 quando la rendita crolla e i contadini, specie i più piccoli, oramai coltivano in perdita. Una decadenza esiziale se nel 1883 Agostino Bertani, nella sua inchiesta agraria sulla Liguria (si veda quel che ne ha scritto Augusta Molinari), equipara lo status agricolo in provincia di Porto Maurizio a quello miserrimo della Basilicata… Ne deriverà via via una intensa emigrazione (talora una fuga di massa ** ) verso la vicina Francia, soprattutto nel Dipartimento delle Alpi Marittime e in taluni centri portuali, Marsiglia e Tolone… Un’emigrazione ben presente nella memoria locale, tanto da risultare poi quasi una consuetudine nella vita dei personaggi, romanzeschi ma mai troppo, di Francesco Biamonti (1928-2001): «Mai parlar male della Francia: era uno dei suoi principi. Intere generazioni di Luvaira e di Aùrno erano andate a togliersi la fame, fame e tante altre cose, sul porto di Marsiglia. Scaricatori di bastimenti, camallavano nel mistral»…

* un nonno aveva casa a Lecchiore, amena frazione di Dolcedo (IM)

** il degrado e la miseria in cui versava a fine ‘800 il mandamento di Pieve di Teco (IM) aveva indignato il Bertani. Che così scriveva di Lovegno, frazioncina a pochi chilometri da Pieve di Teco che oggi mi risulta quasi disabitata: “Lovegno! E’ qui ove i dottrinali e parolai dovrebbero venire a studiare la questione sociale! Lovegno è un villaggio di quaranta, cinquanta casupole, perduto su una montagna pietrosa, lontano da ogni comunicazione. Lovegno non presenta che squallore e miseria al più alto grado”
Umberto Curti

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