È singolare l’ipotesi secondo cui il vitigno, di cui a Vernazza (SP) non si trova traccia, abbia dato il toponimo alla località, da lì poi spargendosi alle vicine Toscana e Corsica…
Forse, quella vernaccia di cui parlano i letterati medievali corrisponde all’odierno Sciacchetrà. Del vitigno vernaccia (famiglia con moltissime varietà) s’incontrano viceversa esemplari nell’area di Quiliano, ponente savonese. Il vocabolo, da verna, in origine indicherebbe vino localissimo, di casa, finanche per la servitù? Oppure era/è, semplicemente, nella confusione dei più, la Granaccia? A Quiliano, oltretutto, è andata scomparendo una vite che chiamavano granaccia bianca…
Sia come sia, sotto questo nome si lavorano vari vini, non tutti di pregio (i migliori sono probabilmente gli aristocratici toscani e i sardi, senza peraltro nulla togliere a Serrapetrona nelle Marche e a Cannara in Umbria…). Vernazza, tuttavia, era porto d’imbarco del vino verso non poca Europa… E’ pur vero che la vernaccia non è poi così dissimile dall’uva bosco sia per la forma del chicco, sia per la capacità produttiva, un po’ meno per forma del grappolo e colore. Documenti storici attestano che nelle cantine di Pompei furono rinvenuti vasi vinari con incisi il nome del proprietario e la dicitura “vinum Corneliae”, cioè di Corniglia, frazione di Vernazza… Si tratterebbe – chissà – della Vernaccia più volte citata dall’enciclopedico Plinio il Vecchio quando parla dei vini lunensi. Questo vino, sia quel che sia, è famoso da oltre duemila anni, e diventa anche una delle meraviglie di Bengodi, quando il Boccaccio, nella decima e ultima giornata del suo “Decameron”, racconta come il bandito Ghino di Tacco, in realtà un nobile ghibellino, la facesse bere all’abate di Clignì (Cluny) per guarirlo dal mal di stomaco. Per parte sua papa Paolo III Farnese (1468-1549), attorno al 1500, stante la testimonianza del fidato cantiniere-bottigliere Sante Lancerio (sorta di sommelier ante litteram), considerava la vernaccia delle Cinque Terre un vino «ottimo per farci la zuppa nelle ore della tramontana» e lo riteneva «grande nodrimento per i vecchi», aggiungendo che, in generale, «i vini della Liguria sono efficaci se bevuti in ottobre, la sera prima di coricarsi». Forse, quel Pontefice fu un po’ approssimativo.
Umberto Curti