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Ho sentito un contadino raccontare di come “folla” i cappelli di vinacce. Cioè?

Durante la fermentazione alcolica, il “cappello” delle bucce che sale a galleggiare in cima al mosto, spinto in sù dall’anidride carbonica, dev’essere costantemente bagnato, almeno una volta al giorno o meglio due, onde evitare “tappi” e ossidazioni che causerebbero acescenza – un vocabolo maledetto dall’enologia – .
Nelle piccole cantine si esegue perciò per vari giorni la follatura – coi tipici bastoni a pioli alterni – , nelle grandi il rimontaggio. Il significato è identico: follatura e rimontaggio (effettuati con dolcezza, per non agitare le fecce melmose sul fondo) fan sì che il cappello si mantenga bagnato, o schiacciandolo dall’alto e dunque immergendolo nel suo mosto, o irrorandolo col mosto (1/4 del totale) prelevato in basso. La massa verrà positivamente ossigenata a scapito dell’anidride carbonica e a beneficio dei lieviti, smossa, rinvigorita, zuccheri e alcol non si stratificheranno, si esalterà il colore, si contrasteranno le muffe. Freddo sotto, caldo sopra, omogeneamente. Ciò è tanto più importante nel caso di climi rigidi, quando ormai il tepore della vendemmia è lontano e l’inverno s’avvicina rapidamente. Alcuni contadini dicono: meglio niente follature che troppo poche o troppo lontane.

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