Appassionante la storia della vite, che con l’ulivo e i cereali compone la cosiddetta triade mediterranea. La varietà da cui ricaviamo il vino è la Vitis Vinifera Sativa, una pianta ermafrodita verosimilmente originaria dell’Asia Minore, e in particolare delle aree Caucaso, Siria-Anatolia, nord ovest della Mesopotamia. Da lì essa viaggiò verso la Grecia, Roma, la Francia e l’Iberia, ma questo viaggio non potrà mai essere ricostruito in modo definitivo.
Dobbiamo ai Fenici alcuni ”spostamenti” che la resero così diffusa presso gli Egizi, popolo che addirittura raffigurò la vite e la vendemmia in rilievi e pitture anche tombali – sappiamo che nei magazzini le anfore erano complete di etichette, in carattere ieratico, ricche di informazioni sul contenuto, E che i tappi sigillati recavano il nome del proprietario, non di rado il faraone o un suo cortigiano – . Leggiamo poi nel Libro della Genesi, all’inizio della Bibbia, che Noè, dopo il diluvio, giunto con l’arca sul monte Ararat vi piantò proprio la vite…
I primi “documenti” sulla viticoltura sono scritti sia in aramaico (Qutama, IV secolo a.C.), sia in greco (Magone…) e sia soprattutto in latino (Plinio, Columella, Catone, Isidoro), allorquando i ruralisti e poi alcuni intellettuali cominciarono a dar conto delle proprie ricerche e scoperte.
Sono della Grecia anche le prime pratiche di potatura, onde ottenere sulla pianta un giusto e ben ripartito carico di grappoli. La potatura invernale infatti “coincide” con quel sistema di allevamento che sceglieremo come impianto e come forma per tutta la vita della pianta, quella verde – qualitativa – “seleziona” i grappoli da condurre a maturità (quelli più vicini alla pianta contengono più zuccheri).