6 nov 2019  | Pubblicato in Ligucibario

Un grande patrimonio, i vigneti urbani

una dimora dell'entroterra savonese

una dimora dell’entroterra savonese

 

 

 

 

 

 

 

Un piovoso sabato mattina di novembre ho avuto modo di visitare a Gavi un palazzo del Settecento proprio nella via principale. Una bellissima e luminosa toppia ornata di foglie dorate, nel piccolo cortile, ha subito attirato il mio sguardo, e spostandolo in basso, per vedere la pianta che originava questa meraviglia, sono rimasta a bocca aperta. Un fusto di almeno 30 cm di diametro si innalzava e si arrampicava, formando il pergolato. Una vite di più di cento anni che, essendo in un cortile privato, non è stata infettata dalla fillossera. Il proprietario del palazzo mi ha spiegato che la varietà di questo vitigno è la “luglienga” conosciuta anche come “lugliatica” (o “Sant’Anna di Lipsia”) in quanto le bacche maturano a luglio. E’ un’uva da tavola già nel medioevo diffusa in tutta Europa, e anche a Gavi, in quanto molti palazzi e cascine la coltivavano anche per la bella ombra che regalava.
Recentemente ho avuto la fortuna di partecipare e di intervenire, a Torino, alla prima conferenza della Urban Vineyards Association, una rete internazionale che nasce per tutelare e promuovere il patrimonio storico, scientifico ed ampelografico dei vigneti urbani, candidati a divenire Patrimonio UNESCO. Basti pensare alla celebre “Vigna di Leonardo” a Milano situata a pochi passi dal Cenacolo Vinciano e regalata da Ludovico il Moro a Leonardo stesso; alla “Vigna Villa della Regina”, alle porte di Torino dove viene prodotto un vino simbolo del Piemonte, la Freisa; al Clos Montmartre di Parigi, nato negli anni Trenta per contrastare una speculazione edilizia; e alla “Vigna del Gallo” all’interno dell’Orto botanico di Palermo, dove sono rappresentati e tutelati numerosi vitigni autoctoni siciliani.
Anche a Genova abbiamo un vitigno urbano autoctono produttivo come la bianchetta DOC della Val Polcevera, che regala un vino bianco delicato, con bella acidità. Volendoci spingere ancora più in centro città ed addentrandoci nei carruggi tra storia e leggenda, troviamo la celebre Basilica di Santa Maria delle Vigne, di origini antichissime in quanto consacrata nel 916 d.C., situata in piena “casbah”, tra piazza Banchi e piazza Soziglia, proprio dove sorgeva un antico vigneto protetto da orti, boschi e da monte Albano, l’attuale quartiere di Castelletto.
Oltre al nome della Basilica, che rievoca le vigne, troviamo persino le decorazioni all’interno che simboleggiano grappoli e foglie. Chissà se anche nei pressi di Santa Maria delle Vigne, in un piccolo cortile, è rimasta qualche traccia, qualche vite urbana superstite, magari proprio di bianchetta oppure di luglienga. Questa preziosa scoperta potrebbe arricchire ulteriormente il già grandissimo patrimonio storico della nostra Genova “Superba”.
Sonia Speroni, food tourism manager

Mi permetto una brevissima postilla al suggestivo ‘post’ di Sonia Speroni. Di “luglienga” v’è qualche notizia anche in Liguria (uva effettivamente poco idonea alla vinificazione), ma non mi riesce di chiarire se tale fosse quell’uva che nell’area di Quiliano (SV) chiama(va)no “lugiassin” (è qui citata nella sezione “alfabeto del gusto”)… Quiliano, con Toirano, era area dall’incredibile ricchezza ampelografica, e ho dato conto di alcuni vitigni scomparsi o ormai di difficile “individuazione” nel mio Il cibo in Liguria dalla preistoria all’età romana. Sono sin d’ora grato, come sempre, a tutti quei Lettori di Ligucibario (e ad enologi e sommelier) che vorranno contribuire al proficuo dibattito avviato da Sonia.
Umberto Curti

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