11 apr 2022  | Pubblicato in Ligucibario

Torino, il futurismo in cucina

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Torino, il futurismo e Farfa

In un ventoso ma assolato pomeriggio torinese Silvia Bottaro ed io, ospiti del Circolo degli artisti, uno degli enti culturali più antichi*, illustri e vivi d’Italia (1847), abbiamo raccontato davvero senza risparmiarci la figura di Farfa (1879-1964) e la cucina futurista, poiché questo poliedrico artista contribuì con 7 “ricette” anche al libro di cucina edito da Marinetti, presso l’editore Sonzogno, nel 1932…
Nei giardini reali dinanzi alla palazzina ottocentesca del Circolo, Silvia Bottaro – che a Savona conobbe Farfa personalmente – ha condiviso, col consueto rigore documentario, momenti e aneddoti anche spassosi di un “miliardario della fantasia” che distribuì la propria esistenza fra la natia Trieste asburgica, Torino, e varie località della Liguria di ponente e del Piemonte montano.

 

Torino e la cucina futurista – la Taverna del Santopalato

Tutto è confluito, compresa preziosissima documentazione fotografica, nel volume “Vite di Farfa. Lettere, incontri, amicizie, successi” che Silvia Bottaro ha dato alle stampe qualche mese fa, e al quale io ho contribuito con un capitolo a sfondo gastronomico, perché quando Marinetti si scagliò contro la pastasciutta Farfa fu tra i primi a battersi in difesa dei ravioli (carnale lettera d’amore in busta color crema) e del pesto (salsa smeraldo), e risultò anche tra i protagonisti, declamanti ça va sans dire, di un’animata cena svoltasi a Chiavari nel 1931…
Le sue 7 ricette s’intitolano (alcune formule dicono già tutto…) bianco e nero, terra di Pozzuoli e verde veronese, fragolamammella, garofani allo spiedo, carota+calzoni=professore, caffèmanna, senato della digestione.
Torino, città che adoro (non solo negli sfarzi sabaudi) e che conosco bene anche per ragioni di lavoro (bene ma purtroppo mai abbastanza), peraltro vide all’opera un nutrito gruppo di futuristi, in primis l’instancabile Fillia (che collaborò al ricettario di Marinetti e che morì appena 32enne), nonché Farfa, Tullio Bracci (Kiribiri), Ugo Pozzo, Mino Rosso, Pippo Oriani, Paolo Alcide Saladin, l’immenso Nicolay Diulgheroff, architetto che ritroviamo sulle rive del Sansobbia… Non a caso a Torino s’inaugurò l’8 marzo 1931 in via Vanchiglia 2 – con una cena di 14 portate – la Taverna del Santopalato, arredata come l’interno di un sommergibile, si favoleggia addirittura di asciugamani di latta…
Su questi temi lo scorso settembre Ligucibario®, grazie alla sponsorship di Banca Generali e con enorme successo, ha messo in scena presso il Soleluna di Albissola** e con l’aiuto di Emanuela Baccino una futurcena in 4 portate, ideazione di futuristi diversi (uova divorziate, risotto all’alchechengio, cotoletta tennis, fragolamammella), cui venne abbinato anche un futurdrink creato proprio per l’occasione da un docente di sala e bar.
smartQuella sera, restata impressa nei ricordi di molti, tra i convenuti presenziò anche Dario Sabatelli, figlio di Marco Sabatelli, editore che sostenne sempre con entusiasmo e sagacia il futurismo, e che tuttora annovera in catalogo opere splendide e fondamentali su quell’avanguardia (e quel tempo) irripetibile.
Quanto a Farfa, sepolto poveramente a Sanremo (dove nel 1964 fu investito da un’auto), basti dire che perfino la sua ultima performance savonese (“I più vasti orizzonti”, 1948, scritto con Acquaviva) terminò verso il terzo atto alla maniera futurista, con caciare e proteste… Farfa, indocile farfalla.

Torino, suggerimenti golosi

Amico Lettore, se infine ti fosse venuto appetito e gradissi anche qualche suggerimento per i pranzi e le cene, la augusta “capitale” del Piemonte non offre che l’imbarazzo della scelta.
smartStavolta, se possono valerti come suggerimento, il sabato a pranzo ho apprezzato un tris di tartare con meravigliose patate alla cenere presso l’agrihamburgeria slow fast food M**Bun, giovanile ed efficiente, in via Rattazzi, vicino alla stazione di Porta Nuova e all’hotel dove alloggiavo.
Il sabato a cena perfetti agnolotti della tradizione, col sugo del brasato, e sorbetto al Barolo chinato presso l’Osteria degli ottoni, d’atmosfera e curata, in via Pomba, eccellente carta dei vini.
La domenica a pranzo una chicken salade con crostini e un magnifico gelato gusti crema “Meno 18” presso La fermata, format assai versatile (trovi anche farinata, pizza, primi…), in via Mazzini.
Infine la domenica a cena un bol (scrigno di pane artigianale lievitato con pasta madre) farcito con sugo di melanzane alla norma presso la Bol House, colorata e frequentata, in via San Francesco da Paola (pochi metri dall’angolo con la celebre via Po).
Ovunque, come sempre a Torino (e ben più che altrove ove tanto si ciancia di turismo?), molta cortesia, e conto finale senz’allarmi.
Buon appetito e a presto!
* il Circolo dispone anche di un importante archivio-biblioteca, nella sede storica di Palazzo Graneri della Roccia
** la ceramica albissolese deve molto al futurismo, e viceversa
Umberto Curti
umberto curti

 

 

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