Molto con poco. Parrebbe lo slogan migliore per riassumere i risultati, non solo di vendita, che un’impresa ottiene attraverso un’efficace narrazione di se stessa e dei propri prodotti. Tanto più nei settori agroalimentare ed enogastronomico.
Ma in quanti casi lo storytelling, l’idonea comunicazione di quel che si è e si fa, appartiene veramente alle strategie di “marketing” aziendale? In quanti casi il racconto “forte” dei propri valori e delle proprie creazioni viene ben utilizzato dalle imprese per promuoversi e posizionarsi sui mercati?
Se una conserva artigianale costa 2-3 volte più delle “concorrenti” di basso profilo commerciale, basta davvero argomentare che “è migliore”??
Lo storytelling, in tal senso, è uno strumento di relazione e vendita con cui l’impresa descrive se stessa, ma allargando la visuale, per arricchire il racconto, proficuamente, con accenni territoriali, storici, culturali… Si pensi al pesto, o al cioccolato: quante virtù, peculiarità, notizie, aneddoti… questa favolosa salsa al mortaio e questo cibo degli dèi portano con sé? Ma virtù magari sconosciute al turista, al gourmet, all’importatore estero… Resteranno tali? Persino Dio, recita il proverbio, ha necessitato di campane.
Non a caso tutte le pubblicità audiovisive ormai prevedono precisi “format narrativi”, che mirano in profondità, al fine di condurre per mano l’ascoltatore già attraverso un’esperienza il più possibile reale e non virtuale, atta a prefigurare tutto ciò di cui il prodotto è dotato e che offre. Benessere, freschezza, calore, profumo, sicurezza, prestigio… E dove l’altroieri la battaglia si combatteva a colpi di manifesti, dépliant e inserzioni tradizionali, oggi deflagrano il web(marketing) e i social media.
Lo storytelling – compreso quello verbale – è finalizzato da una parte ad esplicitare specifici valori aziendali (si pensi all’anno di fondazione), e dall’altra, contemporaneamente, consente al “cliente” di cogliere e interpretare l’unicità di un marchio e i significati dei prodotti, invogliandolo all’atto d’acquisto. Il cliente risulta infatti parte attiva della relazione, perché lo storytelling lo coinvolge attraverso richiami talora, a pieno titolo, multisensoriali (nel caso dei prodotti tipici si tratta immediatamente di richiami visivi, olfattivi, gustativi…). L’enogastronomia italiana, in particolare, esprime usi, sapienze, virtuosi localismi e quant’altro che tutto il mondo le invidia.
Ma come esistono solo 2 tipologie di imprese, quelle che evolvono e quelle che chiudono, così anche lo storytelling non permette, specialmente alle microimprese, anche quelle commerciali, ulteriori ritardi. Chi si attarda su modelli di comunicazione arcaici, infatti, perde ogni giorno occasioni e fatturato, e corre il rischio di non esser percepito per ciò che vale (peccato…).
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21 giu 2016 | Pubblicato in Ligucibario
Storytelling. Chi non comunica non esiste (e non vende)
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