“Il potere è sempre codificatore, è rituale. Ciò che codifica e ritualizza è sempre il nulla. Il puro arbitrio, cioè la sua propria anarchia. Nulla è più anarchico del potere. Il potere fa ciò che vuole; e ciò che il potere vuole è totalmente arbitrario, o dettato da sue necessità di carattere economico che sfuggono alla logica comune” Pier Paolo Pasolini
Leggevo qualche giorno fa su un quotidiano lo spaventoso “report” circa la siccità esplosa nelle valli piemontesi, in particolare i territori d’alpeggio – val Maira, val Varaita…, luoghi della mia adolescenza – ove i malgari, partendo sino al giorno di San Giovanni, il giorno dei falò, conducono nei mesi caldi il bestiame (forse quest’anno costretti a ricondurlo giù ben prima del tempo). I giorni scorsi – siccome amo osservare dal vivo e detesto le sedie – ero a Ponte di Nava, il Tanaro trasmetteva un senso di desolazione. Ma anche il Po, come noto, è in secca, circolano foto incredibili. Ciò che sta avvenendo, e le cause che lo hanno velocemente prodotto, spero siano ormai ben chiari a tutti coloro che abbiano un minimo di senno e di onestà intellettuale… Analoghe criticità toccheranno all’agricoltura, secondo il presidente di Confagricoltura Lombardia il raccolto sarà, sia per quanto attiene al mais sia per i foraggi, inferiore del 30-50%… Mi fermo qui, ma molti degli ulteriori dati – proprio mentre tanto si ciancia di sostenibilità e biodiversità – sono terribili.
Il cambiamento climatico, l’inquinamento di fatto irrefrenato, il disbosco selvaggio sono sotto gli occhi di un’opinione pubblica che verosimilmente prenderà piena coscienza del problema purtroppo solo quando ne verrà direttamente toccata dal punto di vista della quotidianità. E ciò sta per avvenire, anzitutto coi razionamenti d’acqua potabile: ecco l’antropocene, vocabolo che suona sinistro, ecco l’impronta ecologica umana dall’impatto sempre meno tollerabile. I poteri economici e gli interessi corporativi, peraltro, adottando una logica di corto respiro, e di profitti ad ogni costo, non hanno mai mostrato alcuna sensibilità che in qualche modo risultasse davvero idonea a fronteggiare via via le emergenze, e a convertire le attività e produzioni verso un’economia positivamente più circolare.
Quanto ai climatologi e agli idrologi, i loro allarmi (quanto mai cartesiani e scientifici) sono da decenni pressoché inascoltati o tacciati di pessimismo, sempre altre – sventuratamente – le priorità in agenda.
Transumanze, filiere casearie, etichettature ad alto tasso di “tipicità”… Benissimo, ma quel che temo di dover sottolineare – ben più a monte – è la possibilità che nel giro di pochi anni un intero mondo scompaia, i nevai stanno morendo, sta morendo quell’Italia alpina ed appenninica rimasta – senza colpe – “residuale”, di cui tendenzialmente ci si rammenta solo in chiave turistica, o con un atteggiamento di superiorità, che la museifica come oggetto di suggestione nostalgica. L’ambiente stesso viene sempre trattato, mediaticamente, senza prese di posizione nette, differendo le urgenze, dandogli risalto solo in occasione di disastri (bombe d’acqua, alluvioni, dissesto idrogeologico, ovvero fenomeni quasi totalmente prodotti dalla stoltezza umana). Disastri oramai puntuali, quasi “prevedibili”. E’ chiaro ciò di cui parlo?
Il mestiere – qualora mi distraessi – m’impone sempre buone o buonissime letture: Paolo Cognetti, Luca Mercalli, Annibale Salsa, Paolo Rumiz, Salvatore Settis… Non è pensabile riportare le persone nei luoghi da cui, per mancanza di lavoro, servizi, opportunità, esse sono emigrate. Ma la montagna, e le vie che la percorrono, e i boschi che l’arricchiscono, oggi per vivere (non sopravvivere) chiede – ai governi, alle città, agli addetti ai lavori, agli organi di stampa, agli opinion makers – uno sguardo più lucido e leale. La siccità è solo l’ultima ferita che le viene inflitta, e s’inscrive in un quadro putrescente di incoerenze e indifferenze che poco a poco l’hanno marginalizzata, come “geoperiferia” ancillare, poco redditizia ergo – ormai – poco significativa (1).
Nel giro d’una decina d’anni, il pianeta diverrà ancora più ostile, le temperature aumenteranno, il livello marino salirà ancora. E’ un’emergenza di cui occuparsi, tutti senza eccezione, anche le anime belle che paion destarsi solo ora, o volgeremo comodamente lo sguardo da un’altra parte?
Ligucibario®, piccola piattaforma indipendente, con le proprie attività di tutela e valorizzazione dell’enogastronomia e dell’artigianato liguri, milita non da oggi su un certo lato della barricata, non quello dei tuttologi e del greenwashing, e posso assicurare che non ha alcuna intenzione di mutarlo. Amico Lettore, ti aspetto per conoscere la tua opinione, e continua a leggermi se hai a cuore ciò di cui scrivo e grido.
(1)suggerisco in merito anche la lettura di Massimo Fini Lavoro, successo, soldi. Invenzioni protestanti, su “Il fatto quotidiano”, 17 giugno 2022, p. 11
Umberto Curti