15 set 2022  | Pubblicato in Ligucibario

Pizza, focaccia, non è un “derby”

foto focaccia genovLa crisi commerciale, come noto, in anni recenti ha pesantemente colpito anche il centro di Genova (cessazioni, cali di fatturato, emorragie occupazionali…). Hanno via via chiuso anche marchi famosi, cui i Genovesi erano talora molto affezionati, mete fisse del passeggio e dello shopping. E’ un tema, ovviamente, doloroso e delicato, di cui Ligucibario® si è già occupato aggregando dati concreti, ad es. suggerisco agli amici Lettori questo link. Per rendersi pienamente conto del fenomeno e delle prospettive presenti.

Qualche giorno fa, goodnews, ha aperto i battenti in via XII ottobre a Piccapietra, al posto di Tino’s (abbigliamento), la pizzeria “Da Michele”, nome che agli appassionati e a quanti frequentino Napoli-Forcella sollecita fortemente le papille gustative (mia nonna – quella materna – era di Napoli, e perciò la pizza è sempre stata tra i nostri alimenti famigliari prediletti. Poi è divenuta per me anche materia professionale ). “Da Michele” è una realtà che vanta oltre 150 anni di storia, e per le sue specialità “a ruota di carro” (33 cm di diametro che debordano dai piatti) ci si mette pazientemente in coda (non è infatti consentita prenotazione), fra napoletani veraci, operai e impiegati, gourmet d’ogni dove, turisti curiosisissimi, foodblogger… In menu, Margherita, Marinara e – che mi risulti – poco altro, vendute (a Napoli) attorno ai 5 euro. La pizza è davvero un monumento popolare.

Meno male che Piccapietra, centro direzionale tutto portici divenuto lugubre e meno sicuro a causa di tante saracinesche abbassate, sta ora riprendendo vita grazie al food, e al mood che via via vi si respira. Certo, il tema di un “derby” tra pizza e focaccia parrebbe immediato e stimolante, ma nella mia visione occorrerebbe approcciarlo diversamente. Intendo accennare a 2 aspetti: il primo: che la focaccia genovese è, col pesto, la grande gloria cittadina, ma – forse anche a causa di una qualità diseguale che la caratterizza nei vari forni – stenta a farsi realmente “brand”, e nessuno mai ipotizza una possibile certificazione europea IGP, come viceversa è – vantaggiosamente – avvenuto qualche anno fa per la focaccia di Recco col formaggio. Il secondo aspetto: che mi piacerebbe veder nascere in città, da Nervi ai carruggi, da Pontedecimo a Voltri, ristori capaci di prendere bene in considerazione la molteplicità di cibi di strada che connotano la Superba (focacce, farinate, panissa, cuculli, friscêu, castagnaccio…), con un occhio implacabile verso la qualità e con un’attitudine migliore alla comunicazione (di ciò che si è e di ciò che si fa). Food is culture, cibo è narrazione. Facciamoci trovar pronti alle nuove tendenze che stanno irrompendo anche qui (turismo esperienziale, genius loci, etno-gastronomia, buonessere). Beninteso, tutelando le tradizioni ma anche, là dove la creatività non scada a stravaganza, sperimentando qualche novità, ad es. “abbinando” all’impasto prodotti DOP ed anche de.co., recuperando qualche ricetta della memoria, lavorando le cultivar delle filiere più brevi…

A puro titolo di “curiosità”, navigando qui la sezione alfabeto del gusto (link) proprio alle varie voci “focaccia, farinata, panissa, cuculli, frisceu, castagnaccio” gli amici Lettori potranno constatare* quante variazioni sul tema esistessero (fatemi sapere se ne avessi omessa qualcuna, sono un essere umano io pure…), e talune sono state forse troppo rapidamente accantonate… Potrebbero oggi valere da ispirazione alle sciamadde vecchie e nuove, ai törtae, ai fainotti? Ma finanche – a valle – ai winebar e alle tante forme di somministrazione che stanno prendendo piede?

Ragioniamoci, parliamone. La dieta mediterranea, non a caso, è dal 2010 assurta a patrimonio Unesco.

* l’alfabeto del gusto contiene ovviamente anche voci “extra-genovesi” quali pissalandrea, sardenaira, sgabei…

Umberto Curti

umberto curti

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