La crisi commerciale, come noto, in anni recenti ha pesantemente colpito anche il centro di Genova (cessazioni, cali di fatturato, emorragie occupazionali…). Hanno via via chiuso anche marchi famosi, cui i Genovesi erano talora molto affezionati, mete fisse del passeggio e dello shopping. E’ un tema, ovviamente, doloroso e delicato, di cui Ligucibario® si è già occupato aggregando dati concreti, ad es. suggerisco agli amici Lettori questo link. Per rendersi pienamente conto del fenomeno e delle prospettive presenti.
Qualche giorno fa, goodnews, ha aperto i battenti in via XII ottobre a Piccapietra, al posto di Tino’s (abbigliamento), la pizzeria “Da Michele”, nome che agli appassionati e a quanti frequentino Napoli-Forcella sollecita fortemente le papille gustative (mia nonna – quella materna – era di Napoli, e perciò la pizza è sempre stata tra i nostri alimenti famigliari prediletti. Poi è divenuta per me anche materia professionale ). “Da Michele” è una realtà che vanta oltre 150 anni di storia, e per le sue specialità “a ruota di carro” (33 cm di diametro che debordano dai piatti) ci si mette pazientemente in coda (non è infatti consentita prenotazione), fra napoletani veraci, operai e impiegati, gourmet d’ogni dove, turisti curiosisissimi, foodblogger… In menu, Margherita, Marinara e – che mi risulti – poco altro, vendute (a Napoli) attorno ai 5 euro. La pizza è davvero un monumento popolare.
Meno male che Piccapietra, centro direzionale tutto portici divenuto lugubre e meno sicuro a causa di tante saracinesche abbassate, sta ora riprendendo vita grazie al food, e al mood che via via vi si respira. Certo, il tema di un “derby” tra pizza e focaccia parrebbe immediato e stimolante, ma nella mia visione occorrerebbe approcciarlo diversamente. Intendo accennare a 2 aspetti: il primo: che la focaccia genovese è, col pesto, la grande gloria cittadina, ma – forse anche a causa di una qualità diseguale che la caratterizza nei vari forni – stenta a farsi realmente “brand”, e nessuno mai ipotizza una possibile certificazione europea IGP, come viceversa è – vantaggiosamente – avvenuto qualche anno fa per la focaccia di Recco col formaggio. Il secondo aspetto: che mi piacerebbe veder nascere in città, da Nervi ai carruggi, da Pontedecimo a Voltri, ristori capaci di prendere bene in considerazione la molteplicità di cibi di strada che connotano la Superba (focacce, farinate, panissa, cuculli, friscêu, castagnaccio…), con un occhio implacabile verso la qualità e con un’attitudine migliore alla comunicazione (di ciò che si è e di ciò che si fa). Food is culture, cibo è narrazione. Facciamoci trovar pronti alle nuove tendenze che stanno irrompendo anche qui (turismo esperienziale, genius loci, etno-gastronomia, buonessere). Beninteso, tutelando le tradizioni ma anche, là dove la creatività non scada a stravaganza, sperimentando qualche novità, ad es. “abbinando” all’impasto prodotti DOP ed anche de.co., recuperando qualche ricetta della memoria, lavorando le cultivar delle filiere più brevi…
A puro titolo di “curiosità”, navigando qui la sezione alfabeto del gusto (link) proprio alle varie voci “focaccia, farinata, panissa, cuculli, frisceu, castagnaccio” gli amici Lettori potranno constatare* quante variazioni sul tema esistessero (fatemi sapere se ne avessi omessa qualcuna, sono un essere umano io pure…), e talune sono state forse troppo rapidamente accantonate… Potrebbero oggi valere da ispirazione alle sciamadde vecchie e nuove, ai törtae, ai fainotti? Ma finanche – a valle – ai winebar e alle tante forme di somministrazione che stanno prendendo piede?
Ragioniamoci, parliamone. La dieta mediterranea, non a caso, è dal 2010 assurta a patrimonio Unesco.
* l’alfabeto del gusto contiene ovviamente anche voci “extra-genovesi” quali pissalandrea, sardenaira, sgabei…
Umberto Curti