21 giu 2022  | Pubblicato in Ligucibario

Pintadera. Mille di queste Millesimo

smart

Ricordo a Millesimo un appuntamento invernale con un cliente, anno domini 1996, che al termine ebbe anche la cortesia di regalarmi una bottiglia di Barolo. Quella località era però assai diversa dall’attuale, che non a caso – grazie a sagaci interventi di recupero e valorizzazione – figura tra i “Borghi più belli d’Italia”

Fra i tanti pretesti per visitarla, anche – e certamente – la gastronomia (Millesimo organizza anche un annuale festa del tartufo). Mi riferisco anzitutto a grissini e altri impasti del panificio Supato, carni della miglior macelleria del paese, mille delikatessen e non una di meno dalla Bottega dei sapori, pasticceria fresca e secca, millesini al rhum, gelati… E tanto basti a chi sostiene che la val Bormida sia povera di sapori (a chi non percorre le filiere e le cultivar locali, e incidentalmente non legge mai Ligucibario®: intendo patate di Bardineto, castagne essiccate nei tecci di Calizzano, mele “bucun du preve” di Pallare, zucche di Rocchetta Cengio…).

Alcuni anni fa, poi, potrebbero esser trascorse 7-8 estati, sedetti con Luisa – non ricordo se una o due volte – alla Locanda dell’angelo, ristorante di charme e stellato nel carruggio (via Roma) del centro storico più vicino al fiume Bormida, ad un passo dal ponte della Gaietta (foto). Ricordo i freschi spazi dall’atmosfera medievale, il tavolo antistante una magnifica vetrata, e un intrigante menu-degustazione, dove l’oggettiva creatività Deogratias non degenerava in stravaganza… Notevole ma –come garba a me – senza eccessi snobistici anche la carta dei vini. La sala non era gremita ed il cordiale cuoco (Massimiliano Torterolo, più o meno un 35enne) uscì dalla cucina per conversare in relax qualche minuto, se ricordo bene ci raccontò di aver lavorato anche in Franciacorta, all’Albereta di Erbusco con his majesty Gualtiero Marchesi. Un nome – un’arte, una carriera – troppo noto per necessitare di dettagli.

Io lo conobbi, Marchesi, in due occasioni molto “diseguali”, e purtroppo fugaci: la prima a metà degli anni 80 in Bonvesin della Riva 3, a Milano, mio padre lavorava nel settore farmaceutici e a pranzo fummo ospiti di un’azienda mi pare di Pero, il cui titolare era un gourmet ed un collezionista d’arte (era forse un Gianni Dova a campeggiare sopra la sua scrivania). Ricordo, con lo stupore di un ventenne qual ero, la “G” dell’insegna, alcune scale, innumerevoli opere d’arte, e una cucina anche nelle forme quanto mai innovativa – gli assaggi di giornata potevano comprendere carne, pesce, riso, funghi, verdure… – che il sommelier abbinava a vini anch’essi, mi si passi il termine, tristellati. Vista, aromi, sapori e consistenze, che meraviglia. La seconda occasione fu nel 2000, quando creai la società di consulenza nel settore food tourism con cui tuttora opero, e Marchesi accettò di rispondere ad una nostra lettera, raccontandoci via telefono alcuni fra i suoi step più riusciti (stava inoltre fornendo suggerimenti ad una ristoratrice mi pare di Laigueglia, che aveva avuto per allieva…). Molto tempo, come si suole dire, è trascorso.

Nei giorni scorsi passeggiavo con Luisa per Millesimo, improvvisamente attratto, in piazza Angelo Ferrari 20, da una lavagnetta e qualche tavolino all’aperto (una dozzina di coperti in tutto?) di un ristoro che ha nome “Pintadera” (e per me che scrivo di archeogastronomia – clicca qui – quel sostantivo “nuragico” non suona così inconsueto…). Rieccolo, quel Massimiliano Torterolo che lavorò da Marchesi, che bell’epifania…

Dopo varie vicende è infatti riapprodato a Millesimo, con proposte gastronomiche all’insegna di un diverso format, inclusivo anche dell’asporto. Piatti espressi, cucinati col nitore di sempre, che caso per caso possono perfettamente configurare una pausa-pranzo, un apericena realmente diverso dal solito… Per 18 euro (+ il prezzo di 1 calice di vino) ho degustato 5 mini-portate: un gamberone rosso nella propria “bisque” spumosa di Franciacorta (godimento puro dato che, essendo genovese, ho il mare nel dna); un boccone di ricciola scottata, allestito sopra un mix mediterraneo quasi pungente, sorta di gazpacho con capperi; un’animella (omaggio al quinto quarto che adoro – clicca qui – ) con note burrose e balsamiche, decorata da una gouache non inutile di carote; petto d’anatra arrostito sulla propria pelle con albicocca in mostarda a contrasto; infine raviolini di borragine con camomilla…

Insomma, una piccola grande esperienza (ivi inclusi il pane, la focaccia e gli sciaccarotti di Roccavignale homemade) all’insegna della qualità della materia prima – conditio sine qua non – e del bilanciamento organolettico…

Lettore gourmet, debbo dirti altro? Trovi la “Pintadera” e i suoi menu, di giorno in giorno mutevoli secondo la spesa possibile sul mercato, vivacemente sul web e i social. Buon appetito da Ligucibario® (che, lo sai, sin dalla nascita non contiene, a differenza di molte altre piattaforme, alcuna pubblicità).

Umberto Curti
umberto curti

Commenta