
Natura impervia, splendida, “circondata” da un mare turchese e indaco (dove passano i tonni), la Sardegna è tutta un profumo mediterraneo… In un angolo, addirittura, vi si parla il genovese. Io la scopersi nel giugno 1980, grazie a Giovanni, che m’ospitò a Portofaro (Palau, SS) e mi fece conoscere gli amici di là (Daniele, Giampiero, Giaggia…), le spiagge di Spargi e Lavezzi, i sentieri che salgono a Capo d’Orso, ed anche un entroterra appartato e fiero, dove la pastorizia è tuttora risorsa primaria. Nessun import nemmeno a casa di Giovanni, mangiavamo
seadas col miele, formaggi dentro il pane
carasau (carta da musica), pesce fresco, bottarghe. Col Fiore Sardo DOP a Genova, non a caso, si prepara il pesto… Ricordo che durante la vacanza m’iniziarono al Vermentino di Gallura, il quale era compagno ideale di piatti unici nei quali un impasto veniva variamente farcito. A volte però imbandivano i
culurgiones (tortelli) o i
malloreddus (gnocchetti), riusciva difficile resistere alle tentazioni. Quando a Genova, tanti anni dopo, mangio in un celebre ristorante che nei
carruggi ripropone il menu sardo (
su porceddu, l’agnello…), mi ritornano alla mente quei giorni, quei luoghi, quei volti, e li saluto con nostalgia.
Quanto agli olii, le cultivar autoctone dell’isola donano extravergini dall’identità molto tipica, dei quali non è difficile intuire la provenienza. Ricchi di sentori floreali, caratteristici, beneficiano dei trascorsi di un’olivicoltura che risale all’età preromana e che fu poi notevolmente migliorata dai dominatori spagnoli
Le cultivar locali più importanti sono:
Bosana (vari simonimi fra cui Palma), Cariasina, Cipressino o Frangivento, Corsicana, Dolianova,
Nera di Gonnos o Tonda di Cagliari, Nera di Villacidro, Nocellara, Olianedda, Oliena, Pibireddu, Pizz’e carroga o Bianca, Semidana