
Neppur sotto tortura mi riferirei ad un’unica cucina italiana. La (eno)gastronomia tricolore poggia infatti su 20 diverse tradizioni regionali, una più prodigiosa dell’altra. Certo, fra tanti campanili, il Piemonte rappresenta uno dei territori più vocati, aggregando risorse e capacità che ormai gli vengono riconosciute in tutto il mondo… Un’orografia territoriale “completa” nelle sue biodiversità e una vicinanza alla Francia così come al mar ligure riservano inoltre sorprese “di confine” culturale che la grande ristorazione piemunteisa, da Torino ad Alba, esalta e reinterpreta. Donde cominciare? Dai vini, dal tartufo, dai formaggi, dai salumi, dai grissini, dall’arte antica dei cioccolatai? Di recente ho mangiato ad un bel desco alessandrino (iper-premiato da una delle poche guide cui m’appoggio…), il menu proponeva per antipasti vitel tonné, battuta di fassone al coltello o bagna caoda, per primi agnolotti, tajarin con vari sughi o risotto al barbera, per secondi finanziera, bollito con le salse o fritto misto, per dessert torrone con zabaione, mousse di castagne o bunet. Che dire di più?
Le cultivar locali più importanti sono:
Grignano (forse originaria del Garda), Leccino, Nostrale di Rigali (originaria dell’Umbria)