17 mar 2021  | Pubblicato in Ligucibario

Minestrone di verdure

minestrone alla genovese

minestrone alla genovese

E’ la ricetta 47 dell’Artusi (che però della Liguria ignora sia il pesto che la focaccia): «Il minestrone mi richiama alla memoria un anno di pubbliche angoscie e un caso mio singolare. Mi trovavo a Livorno al tempo delle bagnature l’anno di grazia 1855, e il colera che serpeggiava qua e là in qualche provincia d’Italia, teneva ognuno in timore di un’invasione generale che poi non si fece aspettare a lungo. Un sabato sera entro in una trattoria e dimando: – Che c’è di minestra? – Il minestrone, – mi fu risposto. – Ben venga il minestrone, – diss’io. Pranzai e, fatta una passeggiata, me ne andai a dormire. Avevo preso alloggio in Piazza del Voltone in una palazzina tutta bianca e nuovissima tenuta da un certo Domenici; ma la notte cominciai a sentirmi una rivoluzione in corpo da fare spavento; laonde passeggiate continue a quel gabinetto che più propriamente in Italia si dovrebbe chiamar luogo scomodo e non luogo comodo. – Maledetto minestrone, non mi buscheri più! – andavo spesso esclamando pieno di mal animo contro di lui che era forse del tutto innocente e senza colpa veruna. Fatto giorno e sentendomi estenuato, presi la corsa del primo treno e scappai a Firenze ove mi sentii subito riavere. Il lunedì giunge la triste notizia che il colera è scoppiato a Livorno e per primo n’è stato colpito a morte il Domenici. – Altro che minestrone! – Dopo tre prove, perfezionandolo sempre, ecco come lo avrei composto a gusto mio: padronissimi di modificarlo a modo vostro a seconda del gusto d’ogni paese e degli ortaggi che vi si trovano. Mettete il solito lesso e per primo cuocete a parte nel brodo un pugnello di fagiuoli sgranati ossia freschi: se sono secchi date loro mezza cottura nell’acqua. Trinciate a striscie sottili cavolo verzotto, spinaci e poca bietola, teneteli in molle nell’acqua fresca, poi metteteli in una cazzaruola all’asciutto e fatta che abbiano l’acqua sul fuoco, scolateli bene strizzandoli col mestolo. Se trattasi di una minestra per quattro o cinque persone, preparate un battuto con grammi 40 di prosciutto grasso, uno spicchio d’aglio, un pizzico di prezzemolo, fatelo soffriggere, poi versatelo nella detta cazzaruola insieme con sedano, carota, una patata, uno zucchino e pochissima cipolla, il tutto tagliato a sottili e corti filetti. Aggiungete i fagiuoli, e, se credete, qualche cotenna di maiale come alcuni usano, un poco di sugo di pomodoro, o conserva, condite con pepe e sale e fate cuocere il tutto con brodo. Per ultimo versate riso in quantità sufficiente onde il minestrone riesca quasi asciutto e prima di levarlo gettate nel medesimo un buon pizzico di parmigiano. Vi avverto però che questa non è minestra per gli stomachi deboli. »

Torniamo ora a Genova (Artusi infatti era romagnolo di Forlimpopoli). Un critico teatrale ha definito il nostro minestrone “le fondamenta della cucina patriarcale dei liguri… un segreto che ha il profumo del basilico e dell’aglio ben pestati e intrisi di formaggio forte…” Quando ancora – o comunque ben più che oggi – si rispettavano le stagioni, esso era un uso “salutare” di primavera e autunno, e da zuppa si trasformava in minestra tramite l’aggiunta di alcuni e non altri tipi di pasta, i vermicelli, i corzetti della val Polcevera (Cuciniera del Ratto, 1863), i brichetti (fiammiferi), lo scucussùn (gragnuola) che per suono s’apparenta al couscous, i maccheroncini rigati o lisci (mostaccioli), le fettuccine di grani forse più “puliti” degli attuali…

Giobatta Ratto, nella sua Cuciniera genovese testé citata (best seller dalle cento ristampe), preliminarmente friggeva le verdure con funghi secchi e acciughe salate, de gustibus… Mentre lo chef savonese Ferrer Manuelli – circa un secolo dopo – aggiungeva lardo, e malgrado prue e vele di una cucina marinara come poche (e come dimenticare le sue bretelle “ospiti” in tv di Veronelli?) questa si direbbe usanza forse quasi “longobarda”.

Il minestrone, sia come sia, c’era sempre nei pentoloni di quei cadrai (Ruscin, Dria…) e di quelle “spezzine” (chiatte attrezzate per il catering) che tentavano gli esausti marinai all’àncora con cibarie fresche – e vino – . E qualunque casalinga sa che il segreto del minestrone perfetto consiste sempre nella lunga cottura di molte verdure nell’acqua (all’inizio fredda, poi arricchita da un filo d’extravergine e da una crosta di parmigiano raschiata), e poi nella pressatura di alcune, schiacciandole sulla schiumarola con una forchetta (densità e gusto!). L’eventuale pesto va aggiunto al termine, fuori cottura, poiché il basilico ovviamente non ama il calore... A questo link amico Lettore hai come sempre la mia ricetta.

Vorrei infine, a maggior ragione quando servono turisti e buongustai stranieri, che le trattorie servissero il minestrone tiepido, e casomai freddo in estate, ma mai caldo. E nel calice sposassero sempre Bianchetta, Vermentino, Pigato, ovvero le nostre gloriose DOC.

Umberto Curti
(articolo di proprietà dell’autore, concesso originariamente ad altra piattaforma ed ora non più online)

umberto curtiLigucibario mindmap PNG

Commenta