Lo scorso Natale ho ricevuto in dono “I Pani d’Italia”, un ambizioso prodotto editoriale pertinente a Le guide de L’Espresso. Visto ciò di cui mi occupo, e quanto Ligucibario ha a cuore il tema delle farine e delle lievitazioni, l’ho letto con attenzione, anche per verificare che i contenuti per così dire equivalessero l’indubbio pregio formale del volume.
La parte riguardante la Liguria occupa una ventina di pagine (166-185). A pagina 172, a proposito della focaccia genovese, leggo che “Talvolta l’impasto è arricchito con ciccioli, incorporati durante la lavorazione della massa”.
E a pagina 179, a proposito della farinata, leggo che “Nel Ponente ligure, all’impasto base si aggiungono, prima della cottura, carciofi, (…) e bianchetti infarinati”.
Premesso che “solo chi non fa non sbaglia”, e nel pieno rispetto del lavoro altrui, debbo tuttavia segnalare che la focaccia genovese rispettosa della tradizione, pur non vantando la certificazione DOP né IGP, è pur sempre un Marchio collettivo GE 1996 N° 0001187822 a garanzia dell’originalità. In tutta franchezza, in quasi 30 anni di attività non ho mai dico mai udito, e mi piacerebbe sentire in proposito anche il presidente della locale Assopanificatori Gino Petrucco, nonché Rocco Darretta ed Enrico Meini, di un’autentica focaccia genovese arricchita nell’impasto da ciccioli, che mi risulta appartengano a tutt’altre realtà regionali, sorta di salume di scarto che i contadini ricavavano dal maiale. Che sia una mia lacuna??
Quanto poi ai bianchetti, novellame di minuscoli pesci, acciughe e sopratutto sardine, essi rappresentavano una risorsa secolare di molte cucine regionali (Liguria in primis), e si pescavano con un peculiare strumento affine alle sciabiche, di fatto una rete a circuizione dalle maglie minutissime. Era, intendiamoci, una pesca speciale, ovvero soggetta a specifiche limitazioni, poiché periodi troppo dilatati nuocevano alla catena alimentare biologica, ponendo a rischio la sopravvivenza di alcune specie. Mi consta, e ne sono lieto, che col Regolamento CE 1626/94, queste “pesche speciali”, cui appartenevano anche e proprio i bianchetti, non sono più concesse. Deroghe sperimentali (Regolamento CE 1448/1999) fino al 2010 permettevano in via ministeriale di autorizzarle per una durata di due mesi (15 gennaio – 15 marzo, estensibile fino al 15 aprile). In seguito il Regolamento CE 1967/2006, finalmente in vigore da maggio 2010 (sostenibilità della pesca nel Mediterraneo), con l’art. 15 (taglie minime degli organismi marini) ha totalmente vietata la pesca del novellame di pesce azzurro, la sua tenuta a bordo, lo sbarco, il trasferimento, l’immagazzinamento e la vendita… Da luglio 2016 sono inoltre irrogate severe sanzioni amministrative e pecuniarie per impedire illegalità (purtroppo molte frodi tuttora alimentano il mercato nero). Dunque, da allora ad oggi, qualora non si comprovi scientificamente la sua sostenibilità (ambientale e in termini di stock) in un piano di gestione (ciò che accade in Liguria per il rossetto), la pesca dei bianchetti rimane categoricamente proibita. E v’è da augurarsi che resti tale.
Umberto Curti