Sul blog dell’associazione culturale “Genova World”, di cui ho l’onore e il piacere d’essere direttore scientifico, ho caricato tempo fa (clicca qui) la mia ricetta di focaccia genovese con pasta madre. Stavolta, viceversa, Ligucibario proporrà una ricetta più “easy”, con lievito di birra fresco, perfetta da sperimentare a casa. Prevedere comunque, dall’inizio sino a fine cottura, 3,5 ore di lavorazione. La focaccia classica, ovviamente, è purtroppo “proibita” a quanti soffrano di celiachia.
Hai una teglia, moltiplica lato x lato e dividi per il numero fisso 2,4, otterrai così la quantità in grammi d’impasto da lavorare (in questo caso per una focaccia genovese).
Esempio teglia 40x60cm : 2,4 = 1000g ovvero 1kg.
Pertanto, per una teglia casalinga 30x40cm lavoreremo – indicativamente – 500g d’impasto.
200g di farina ‘0’ (W>260)
125g di farina Manitoba (in questo caso bio “Mulino Marino”)
170ml di acqua a temperatura ambiente
5g di maltosio (consistenza mou, oppure zucchero di canna…)
7g di sale fino marino integrale
8g di (vero) lievito di birra fresco stemperato in un cucchiaio d’acqua tiepida
15ml di extravergine (mai sansa o strutto).
Mescolare fra loro le due farine. Impastare col gancio, o a mano in un bacile, gli ingredienti (nell’ordine farine, acqua, maltosio, sale, lievito, olio), incorporando l’acqua non tutta insieme, e ovviamente “distanziando” il più possibile sale e lievito. Raccomando di usare lievito giovane, non scaduto* e d’impastare sino ad assorbimenti completi. Riposare la massa una decina di minuti, ben coperta da un panno. Su una madia via via infarinata effettuare alcune pieghe come per un fagotto a 4 lembi, l’energia del movimento agevolerà la formazione di glutine, pirlare sommariamente (cucitura sotto) e di nuovo riposare la massa 30 minuti, coperta. Ora stenderla a rettangolo con un mattarello, e con movimento deciso disporla nella teglia a bordo basso, che s’era già spennellata d’olio (circa 12ml). Riposare, coperto, altri 20-30 minuti. Dopodiché spolverare con un po’ della farina ‘0’ e iniziare ad estendere delicatamente (senza premere) l’impasto verso i bordi della teglia, livellare bene (spessore ½ cm circa) e giungere sino agli angoli, ma badare di non creare un vero cornicione tipo pizza. Nuovo riposo, coperto, di 60 minuti. Preparare una “salamoia” con 85ml d’acqua a temperatura ambiente, 5g di sale, 25-30ml di extravergine. Spolverare nuovamente di farina la focaccia e iniziare coi polpastrelli o le nocche a realizzare – come un pianista… – i tipici ombelichi (ömbrissalli), le tipiche cavità della focaccia, ovviamente senza bucare. Dentro a questi alveoli si avvalla la salamoia determinando un differenziale di cottura, e di texture, golosissimo al gusto. Ultimo riposo almeno di 45-60 minuti, non coperta. La cottura è in forno statico (a metà altezza), preriscaldato a 220°C, per 14-18 minuti massimo, attenzione a non bruciarla (ognuno conosce il proprio forno…). Quando è pronta, dorata, e ambrata dal maltosio, allestirla su una gratella così che l’aria sottostante impedisca che si ammolli, poi lucidarla con pennellate d’olio e, naturalmente, degustarla…capovolta (le “strisce” a Genova sono di circa 1hg, per le “slerfe” non v’è limite…). L’abbinamento d’eccellenza è ad es. con un Vermentino delle DOC liguri, ma il breakfast rituale prevede anche, o soprattutto, il cappuccino.
* sulla confezione delle tavolette dev’essere precisato “lievito di birra” o “saccaromyces cerevisiae”
Umberto Curti