18 mar 2023  | Pubblicato in Ligucibario

Focaccia di Recco caso-studio all’ITS turismo

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Focaccia di Recco col formaggio IGP protagonista in aula. Ho cominciato, nella mirabile cornice di Villa Durazzo a Santa Margherita Ligure, le docenze di storytelling al corso ITS “Tecnico superiore per la promozione e il marketing delle filiere turistiche e delle attività culturali mediante le nuove tecnologie digitali e i social network”.
Dinanzi ad un affiatato gruppo di corsisti, che hanno già condiviso la prima annualità del corso, ho avviato in modo concreto le tematiche formative di mia competenza, individuando come primo caso-studio la focaccia di Recco col formaggio IGP. Ad essa, per la verità, e al territorio da cui origina Ligucibario® ha già dedicato negli anni tante attenzioni.

Focaccia di Recco, una storia antica

Recco sin dall’antichità fu infatti approdo di una valle non secondaria, tanto che la località era forse già nota ai mercanti greci. La via Aemilia Scauri pian piano realizzata dai Romani fra Pisa e Genova ne fece ovviamente un punto di sosta. Il toponimo Ricina diviene Rechum solo durante l’alto Medioevo.
Quanto alla focaccia col formaggio, pare che un preparato “di semola e di giuncata appena rappresa” venisse servito durante un Te Deum pentecostale presso l’abbazia di San Fruttuoso ai crociati liguri partenti per la Terra Santa nel 1189.
E poi si fosse consolidato da fughe degli abitanti verso l’entroterra (dove trovare o portarsi un po’ di farina e di prodotti caseari anche ovini…) per sfuggire alle razzie piratesche frequenti lungo la costa, che si caratterizzavano per stupri e rapimenti.
Quegli episodi restarono luttuosamente nell’immaginario collettivo, tanto che poi la focaccia cuoceva sovente il 2 novembre – sulle ciappe d’ardesia dell’attigua Fontanabuona – , la mollana – vaccina – era quella di Sori… Qualcuno la ricorda? Saudade.

I gourmet più curiosi possono leggermi anche su LiguriaFood, a questo link .

Dal disciplinare IGP alla didattica in aula

Nella lezione del 14 marzo ho così affidato ai corsisti – suddivisi in gruppi di lavoro – l’interpretazione del disciplinare IGP, l’elaborazione di una mindmap tematica, la scelta di una quindicina di verbi ad alta componente sensoriale-esperienziale, ed infine la redazione di un breve testo potenzialmente idoneo a “rappresentare” on e offline i valori di questa ricetta storica, e i tanti significati che – a corollario – la arricchiscono (il cin-cin in abbinamento, ça va sans dire, sarà con un Vermentino DOC locale).
Quel testo viene poi proposto ai compagni tramite public speaking, e tradotto in inglese (col supporto ovvio e prezioso della professoressa Luisa Puppo, esperta di Gourmet English).
Ho avuto la sensazione che l’aula si sia appassionata alle questioni in gioco, e quindi che ben potrà cimentarsi coi successivi casi-studio, tra i quali i pansoti del Golfo Paradiso, la capponadda di Camogli e i cubeletti di Rapallo
Stay tuned, Riviera di levante!
Umberto Curti
umberto curti

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