1 feb 2022  | Pubblicato in Ligucibario

Il Festival di Sanremo a tavola

marò di fave

marò di fave

Anche quest’anno Sanremo sarà per ben 5 giorni, da stasera, sede del Festival della canzone italiana, giunto ormai alla 72ma edizione.

Cosa si mangia e si beve, su quella Riviera dei fiori, luogo di elezione per uno dei migliori olii extravergine al mondo?

La “bandiera” cittadina si è confermata, in anni recenti, insignita da specifica de.co., la sardenaira, un finger food goloso che non occorre cocciutamente “collegare” alla pizza napoletana. La sardenaira è un impasto che – similmente alla pissalandrea – nacque molti molti secoli fa, senza pomodoro, sovrastato all’inizio da sardine più che acciughe (donde il nome) e…da quel che c’era. Ad Apricale questa golosità “da strada” prende non a caso il nome di machetusa, in quanto presenziata da un’antica salsa ligure al mortaio, in qualche modo erede del famoso, o famigerato, garum romano. E la stessa pissalandrea si connette alla cugina pissaladière, nata con “insaporitori” quali il peis salat → pesce salato, queste specialità sono davvero racconti, grazie ai quali sembra di avvertire l’odore delle barche, delle reti…

Il mare regala, oltre al pesce azzurro, varietà di cattura notevoli, fra cui il pesce spada, e gamberi rossi d’eccellenza, calamari…, legati pressoché costantemente a ricette della tradizione locale (acciughe alla sanremasca, buridda, boiabesa, ciuppin, frittura mista…). Molto presente in tavola anche lo stoccafisso, Gadus morhua, dono quattrocentesco delle Lofoten, che usualmente si cucina bollito, accomodato, oppure come delizioso brandacujùn, cioè “scuotendolo” con altri ingredienti (patate…) sino a ridurlo in una grossolana crema (a mio parere la ricetta è migliore con stoccafisso che con baccalà).

Ortaggi e verdure permettono salse di pomodoro, fresco cundijùn, corroboranti zuppe (anche coi germogli di zucca), torta verde (col riso), torta di patate, friscioi di bietole, rattatuia (ancora un lemma imparentato col francese, ratatouille)… Ma anche quell’insalata russa che si pensava fosse nata in loco, per “invogliare” gli intestini dell’anziana nobiltà che – in epoca liberty – svernava negli hotel di lusso a bordo mare…

I primi hanno soprattutto le sembianze dei ravioli e pansoti, delle troffiette col pesto (o in stagione col profumatissimo marò di fave fresche), dei particolarissimi “sciancui au tucu”, ovvero una pasta “strappata” e condita col sugo di carne (tocco è il pezzo di carne che cuoce).

Tra i secondi, a Ligucibario® piace menzionare le verdure ripiene, il coniglio in umido rigorosamente con olive taggiasche, la cima ripiena (tendenzialmente più verde rispetto al Genovesato…), e le rostelle che Gabriele Camerino (mancato purtroppo qualche anno fa) portò dall’Abruzzo, girando poi i borghi dell’entroterra a bordo di un furgoncino e assicurando loro un duraturo successo.

Il gran finale è garantito in primis dal pandolce (pan du bambin), il castagnaccio, i baci di Sanremo (col cacao, simili agli alassini), le favolose marmellate di agrumi ed altro da procacciarsi al momento dello shopping prima di ripartire…

Quanto agli abbinamenti enologici, il tratto di costa è, come noto, interessato dalla DOC Riviera ligure di ponente, che sciorina un’ampelografia poggiante su Vermentino, Pigato, Rossese (clone di Campochiesa), Granaccia, Moscatello di Taggia (recuperato di recente). Verso l’interno, ad ovest il celeberrimo Dolceacqua, più ad est l’Ormeasco di Pornassio, che si vinifica anche rosato e passito. I matrimoni d’amore nel calice assecondano dunque anche i gusti individuali.

Buon Festival di Sanremo a voi tutti, amici Lettori.

Umberto Curti
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