Due parole sul coronavirus? Per carità, siamo proprio sicuri? In questi 20 giorni ho cocciutamente taciuto, dato che ovunque (specie sui social) ne cianciavano sùbito in tanti, sovente – come sempre – i meno titolati a parlarne, gli incoscienti o per converso i catastrofisti, nonché gli egocentrici, i saltimbanchi, i guru del quartiere, o coloro che per fini commerciali propugnavano, sbraitando, la continuità dei viaggi e delle vacanze e dei voli, degli apericena di gruppo, delle movide, delle manifestazioni sportive come se niente fosse…
Oggi, purtroppo, basta una tastiera per pontificare e sproloquiare – anarchicamente – su tutto.
Peccato che quando si tratti di virus, di salute pubblica, di emergenze, le sole voci meritevoli d’ascolto siano quelle degli scienziati, degli infettivologi, e poi di conseguenza delle istituzioni.
E sia come sia, mi auguro che ormai si sia capito quanto il coronavirus purtroppo differisca da una comune influenza… I virologi italiani che ben lo hanno “smascherato”, da giorni e giorni suggerivano misure adeguate per tutto il Paese, le sole – visto il modo in cui il virus si diffonde – in grado di rallentare/eliminare progressivamente il contagio epidemico, in attesa che la ricerca specialistica individui un vaccino.
Tanto tuonò che piovve. Mi chiedo, amici lettori, quali stati d’animo abbiate provato riflettendo – da un lato – su tutti quegli operatori (medici, infermieri, volontari, forze dell’ordine…) che si stanno sacrificando senza sosta per garantire assistenza, o protezione, alle persone, e vedendo – dall’altro – migliaia di mentecatti (stavolta è difficile attenuare il vocabolo) ancora affollare nei recenti weekend le piste sciistiche, i centri commerciali, le spiagge, come fossero invulnerabili…
Poiché il coronavirus ci è in parte ignoto e rivoluziona – non sappiamo ancora sino a quando – le nostre quotidianità, costringendoci nelle case o ben poco lontano, sarebbe però davvero un’ottima occasione per riflettere su quel che siamo diventati, sul modo in cui “abitiamo” gran parte delle nostre vite-di-fretta, sull’egoismo irresponsabile di cui gratifichiamo il pianeta che ci ospita, dimentichi dei diritti e degli insegnamenti della natura… Gioverebbero magari, accanto alla poltrona preferita o sul comodino, i libri di Bauman o qualche altro come lui (ma ve ne sono pochi).
Purché poi avessimo il coraggio – o è troppo tardi? – di confrontarci col lato buio della società postmoderna, questa società afflitta da ansie sempre “nuove” là dove l’essere umano è involuto a mero consumatore, preda di una globalizzazione che lo reputa merce… Un essere umano che non a caso ha preso a curarsi ossessivamente del proprio aspetto, dei propri smartphone, ma ignora gran parte di quanto gli accade intorno (inquinamento, cambiamenti climatici, dissesto idrogeologico, corruzione, oligopoli economici e alimentari…) e più non possiede quei valori di comunità e autenticità che ieri potevano bastargli. Ed è divenuto in compenso, ma come stupirsi?, un logorroico onnisciente.
Fatemi sapere cosa ne pensate. Io nel frattempo vi abbraccio tutti, amici lettori, ovviamente…mantenendo la giusta distanza sino a quando questa sciagura non sarà che un pessimo ricordo. E presto sarà tale se useremo buon senso e rispetto
Umberto Curti
10 mar 2020 | Pubblicato in Ligucibario
Due parole sul coronavirus? 2
Tags:bauman · coronavirus · umberto curti
Ciao Umbe,
Sento che l’età, ahinoi, non ha inciso sulla tua, per me nota, lucidità di giudizio.
Condivido TOTALMENTE il tuo commento.
I mentecatti che nomini si permettono anche
di perculare chi per strada usa mascherina e guanti. Analfabeti funzionali incapaci di comprendere anche le norme piu semplici.
Mia figlia Martina che lavora a Milano è chiusa in casa da tre settimane, lavora per una grossa società internazionale che da subito ha permesso ai suoi di operare in telelavoro. É esausta per non poter uscire, tant’è sta alle norme. Mio figlio Andrea opera invece in un METÀ a Sestri Pon. E mi racconta che stanno facendo incassi inusuali. Insomma la mamma dei cretini è perennemente gravida. Sta in campana amico mio. Un saluto a Luisa. Vi vedo sempre con malcelato piacere quando sciorinate il vs sapere in TV. Ad majora Umbe.
Un abbraccio, “vecchio” Beppe e un affettuoso pensiero anche ai tuoi figli, chiamati a lottare dentro questo tempo difficile. Umberto (con Luisa)