22 dic 2020  | Pubblicato in Ligucibario

Da Liguria Food a Baccicin du Caru

liguriafood20E’ in edicola il numero 20 del magazine bimestrale LiguriaFood. Ma pare ieri quel giorno, al convegno di Finalborgo che “Studiowiki” dedicò alle nuove forme di promotion turistica, in cui l’editore savonese Dario Sabatelli mi propose di salire a bordo del nuovo progetto, poi salpato di lì a poco…
Sabatelli, un nome che ovviamente collegavo al ricettario Cucina e vini di Liguria del marchese bonvivant Beppe Gavotti, e soprattutto al futurismo savonese-albisolese, di cui Marco Sabatelli fu – per chi conosca un minimo quelle strepitose vicende – paladino e insieme alfiere… Chapeau, Dario, debbo e posso dire che sei stato timoniere paziente e infaticabile.
Per questo numero 20 io ho redatto i pezzi su Mele/Acquasanta e su Lavagna, altre firme hanno ad esempio scritto di Tovo San Giacomo e di Airole. La rivista conferma sempre la propria attenzione anche verso i borghi liguri più defilati, dove – tuttavia ma non a caso – le tradizioni e la cucina si perpetuano religiosamente, e che (con un po’ di marketing pubblico sagace e di formazione agli operatori) si potrebbero candidare alla ribalta del turismo post-covid. Personalmente, infatti, appartengo a coloro i quali profetizzano un aumento di interesse del turismo – sia domestic sia incoming – verso mete meno affollate, verso località a misura d’uomo dove entrare davvero a contatto con gli habitat e le culture locali, l’artigianato, le biodiversità, e le ricette storiche che dai prodotti “autentici” trassero e traggono origine…
Sabato scorso ho pranzato con Luisa presso l’Osteria Baccicin du Caru, al Fado, lungo il valico del Turchino, allietati e intrattenuti da Gianni Bruzzone, oste-patròn di quella genia che entusiasmava i Soldati, i Monelli, i Veronelli. La sorella Rosella, intanto, coordinava la brigata di cucina (e in quella cucina si cucina davvero). Con Gianni converseresti per ore, lo ascolti con immenso piacere, ti ascolta con immenso piacere. “Del mangiar benissimo sul passo del Turchino”, così intitolai tanti anni fa la prima recensione che gli dedicai, e che Gianni – bontà sua – conserva.
Quella strada verso il Piemonte, e l’ardita ferrovia ottocentesca che le corre accanto (scampata ai tagli delle cosiddette “razionalizzazioni”), raccontano molte storie, e le storie – come noto – aiutano a ricostruire la storia. Qui, questo fazzoletto di terre ospita i fügassin, le neviere, il miele, i frutti di bosco, le terme, il santuario…
Da Baccicin du Caru assaggi fra gli antipasti la galantina “maison”, la zraria natalizia, la pute della valle Stura, il flan di mucci (sono cavoli navoni), il brandacujùn di stoccafisso, piatti che quasi nessuno oramai osa in carta (1). Poi gli gnocchi di quarantina col pesto, o i taglierini coi funghi, o con il sugo di coniglio, o con il classico töccö alla genovese, perfetto sposo dei ravioli. I secondi assumono le sembianze – beninteso secondo mercato e stagioni – della faraona in casseruola, dei brasati di taglio perfilo (2), della lingua con salsa verde, delle trippe accomodate. Per chiudere, il gelato “maison” col Barolo chinato, i semifreddi, la pasticceria secca sempre ben abbinata ad un tulipanino di passiti.
Ma in quelle due salette linde ed intime ti ci siedi specialmente perché – come detto – con Gianni converseresti per ore. Attorno a noi, intanto, è via via trascorso un millennio, mutato un mondo, la morte di alcuni che amavamo, l’avvento dell’euro cui demandavamo (errando?) equità più serene, le tecnologie incalzanti e stranianti, i viadotti che precipitano, i mutamenti climatici, addirittura una pandemia…, ma lasciando irrisolte infinite questioni di fondo, quelle che periodicamente si affacciano a chieder conto delle nostre azioni. Di questo passo, che sarà dell’umanità?
Nondimeno, un’antica trattoria che continua (affettuosamente e cocciutamente) a presidiare benevola un valico (e centomila tradizioni) è certamente speranza, è tepore, è abnegazione di chi crede nel proprio lavoro. E’ buon segno in vista dell’anno che verrà. Ciao caro Gianni, alla prossima, presumo saremo ormai nell’anno domini 2021, che ti auguro felice.
(1) ma che beninteso Ligucibario descrive: figurano qui nella sezione “alfabeto del gusto”, che invito i Lettori a navigare
(2) taglio di terza categoria, che si ottiene dal lato basso del collo bovino. Ogni regione gli assegna nomi “diversi”. Ma la sua struttura lo rende ovunque ideale per lessi, stufati, macinati…
Umberto Curti

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