6 feb 2023  | Pubblicato in Ligucibario

Cabannina, l’eroica mucca-capra

tramonto invernale su montoggio, valle scrivia

tramonto invernale su montoggio, valle scrivia

La cabannina è la sola mucca autoctona della Liguria, animale a doppia vocazione (da carne e da latte), preziosa anche per il letame e come forza trainante.

Stagione felice, l’attuale, per i formaggi liguri. Progetti comunitari, momenti mediatici, corsi di degustazione, e la prescinsêua nella mia “focaccia di San Giorgio” che sta meritando sempre più adozioni (goodnews in vista)…

Ma, data una premessa, sorge spontanea una domanda… Verticale come nelle pagine di Montale e Biamonti, fasce terrazzate da muretti a secco, viticoltura eroica e olivicoltori “angeli matti” (copyright Gino Veronelli), Appennino che si slancerebbe irrefrenato a mare. In Liguria, dunque, dove allevare e pascolare mandrie?? Ma natura non facit saltus, la natura ospita sempre ciò che le è compatibile, ed ecco così la – sola – mucca autoctona della Liguria, la cabannina (o montanina), animale a doppia vocazione, ovvero da carne e da latte – ma preziosa anche per il letame e come forza trainante – . Cent’anni fa nel solo Genovesato si contavano grosso modo 40mila esemplari di cabannina, fin quando negli anni ’60 una legge – invisa e nociva – ne impose il rimpiazzo, con mucche più “produttive”… Due decenni dopo, malgrado le prime sensibilizzazioni sui fenomeni in atto, si erano salvati nelle stalle appena un centinaio di esemplari, più che altro grazie alla irriducibilità di qualche mandriano nell’area di Cabanne di Rezzoaglio, in Val d’Aveto, la montagna a levante di Genova, dove sopra un pianoro resistevano in purezza. Sorta di incubatore naturale, “isolato”, terra tuttavia travagliata e poco “virgiliana”, che fu certamente povera fino all’evoluzione secentesca della soccida, che diede un po’ di respiro al contado.

Cabannina: caratteristiche e doti naturali

Gli avetani sagacemente sentenziano tuttora che “la Cabannina è salva se qualcuno se la mangia”. Quali, dunque, le sue caratteristiche e doti naturali?
Di facile gestione, stazza ridotta (400 kg in media), ossa resistenti, le zampe forti le garantiscono di arrampicarsi e sostare in libertà lungo declivi altrimenti da capre… La riconosci per il manto grosso modo castano (e la riga mulina infine rossiccia sul dorso), il pelame corto e fine, l’alta coda lunga e con ciuffo, il capo ridotto e le simpatiche orecchione. La cabannina è ottima pascolatrice e ruminatrice. Deogratias, col nuovo Millennio s’è avviato un percorso di ripopolamento, con sguardi attenti e benevoli verso le caseificazioni d’un tempo, quelle che gli abitanti – in cuor loro – ricordavano e ove possibile perpetuavano. Così il gradevolissimo formaggio (stagionato o tenero) suscita ulteriori sguardi…

Cabannina: latte e formaggi

Il latte secreto dalla cabannina si aggira attorno a 20 litri/die (circa 26 q a lattazione), massimamente due mesi dopo i parti. Un latte che ha bella tonalità avorio lucente, e note organolettiche che ovviamente via via mutano secondo i nutrienti (erba, germogli, rigetti) che l’animale ingerisce, in primavera prevalgono quelle d’erba fresca e floreali. In bocca è formaggio dolce, appena denso e tenuemente minerale. Altre produzioni poi si affacciano al proscenio, fra cui le formaggette fresche, il gagliardo U Cabanin (Valle Scrivia…), la memorabile Prescinsêua (l’acidula quagliata tipicamente genovese), il Sarassö (ricotta salata e seccata 3 settimane in telo), gli yogurt, una recentissima crema dolce spalmabile… E mai dire mai alla creatività.

Cabannina: la carne

La carne, viceversa, poiché la cabannina si muove eccome, riesce soda, appena marezzata, e notevole al gusto (io la impiego ad es. per deliziose polpette e hamburger, più che per la battuta o la tartare crude). Beninteso è produzione residuale rispetto al latte.
In Val Polcevera con la cabannina si producono anche un salame (meritoriamente senz’uso di nitriti) “vicino” per sapore alla bresaola, e la mostardella, celebre “recupero” di un prodotto apparentemente di scarto, ma al quale l’alfabeto del gusto di Ligucibario® ha ovviamente dedicato ripetute attenzioni (link qui).
Mandrie e caseificazioni sono quindi cresciute, con allevatori anche in Val Brevenna, Levante e Spezzino, e con un livello qualitativo ben monitorato, tanto da meritare premi zootecnici, ricettari, e menzioni su guide e magazine.
La caparbietà degli allevatori, ovvero un’idonea interazione fra territorio, uomo e animale, ha quindi ormai scampato la cabannina dall’estinzione guidandola verso nuove stagioni, fra cui – come detto – gli apprezzati formaggi.
Il loro “salvataggio” è principiato intorno al 2002, rispettando – malgrado i diktat moderni – i fieri usi locali, che qui Amico lettore non ti dettaglio, precisandoti tuttavia una stagionatura che durava circa 7 settimane.
Come in tutti i cicli d’allevamento, una parte dei maschi e le femmine a fine carriera sono macellati.
Ancora una volta, biodiversità=sostenibilità. Wildlife stays, wildlife pays. Tutte le peggiori, fra le recenti catastrofi, originano dal poco rispetto che nutriamo verso la natura, il passato, le cultivar del buonessere… Facciamo in modo che la fine dei tempi non sia troppo vicina… La montagna, in tal senso, coi suoi riti millenari, le transumanze, i tratturi, le cucine malgare, anche in Liguria ha ancora tanto da insegnarci.
Umberto Curti
umberto curti

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