Seguace (da sempre) di “Report”, ho seguito anche la puntata di lunedì 15 novembre.
Uno dei servizi, magistralmente orchestrato da Bernardo Iovene, Greta Orsi e Alessandra Borella, conduceva nel Viterbese, tra Nepi e il magnifico lago di Vico, dove la quasi totalità delle risorse boschive è rappresentata da noccioleti (http://www.lagodivico.net/nocciole/ ), di fatto una monocoltura che ha sopraffatto la biodiversità. Quei noccioleti necessitano tuttavia di molta acqua (Nepi peraltro sarebbe toponimo dall’etrusco Nepa=acqua), e alcuni trattamenti fertilizzanti allarmano gli abitanti, in un’area oltretutto vulcanica… Alcune amministrazioni hanno emesso ordinanze anti-glifosato e anti-fitofarmaci, onde via via affermare forme d’agricoltura biologica e rischi minori per la salute nei terreni più vulnerati, ma i produttori protestano. Non dimentichiamo che la IARC ha inserito il glifosato * nella categoria dei “probabili cancerogeni”.
Un altro servizio conduceva a Pistoia, storicamente il maggior “distretto” vivaistico d’Europa, circa 1.400 imprese esportatrici di piante ornamentali (giardini, siepi, arredo d’interni…), ma anche qui i vivai pretendono terra rimpiazzando via via, quasi in toto, i coltivi da semina. I vivai sorgono a ridosso delle abitazioni e i residenti segnalano massicci usi di glifosato e d’altri composti chimici, nonché corsi d’acqua inquinati e una discutibile legge regionale che consente i fitofarmaci anche presso i pozzi ov’è intercettata l’acqua per utilizzi domestici.
“Report” si trasferiva poi nella zona di Torre Annunziata e Castellamare di Stabia, la “operazione datteri” ricostruiva infatti 3 anni d’intercettazioni e inchieste, al termine delle quali la Procura ha tratto in arresto 18 persone e denunciato pescherie, attività ristorative anche celebrate e distributori ittici in tutta Italia con l’accusa di disastro ambientale, ricettazione e associazione per delinquere, reati commessi in relazione a pesca illegale dei datteri di mare e successivo “spaccio”. Come noto, tale pesca – quanto mai nociva – impone di spaccare con picconi o esplosivi le rocce che costituiscono l’habitat dei datteri, e dal 1998 è dunque vietata, anche al fine di salvaguardare la specie dall’estinzione.
Al termine della puntata presumo sorgesse in molti telespettatori una domanda: cosa rimarrà di questa stagione? Di questo mondo? Converremo con l’Ecclesiaste, il cui “vanitas vanitatum” stigmatizza la precarietà d’ogni cosa e ammonisce tutti coloro i quali s’illudano che qualcosa, di quelle cose, viceversa duri e sopravviva? Oppure sapremo dare un significato diverso ai nostri percorsi, alle nostre quotidianità, alzando la voce e mobilitando le coscienze – specialmente i giovani – prima che sia troppo tardi?
Quante chiacchiere si sono udite in questi anni anche circa il cambiamento climatico, la biodiversità, il turismo green… Mi piacerebbe, con l’anno nuovo, pensare ad un evento “divulgativo” di segno nuovo, aggregando concretamente voci e saperi da vari settori professionali, persone che “militano” – beninteso da posizioni diverse – in difesa del territorio, del buonessere, dei prodotti autoctoni, della gastronomia autentica… Mi balzano già alla mente i nomi di Daniele Buschiazzo, Gloria Manaratti, Emanuela Rolla, Paola Minale, Paolo Casazza, Giorgio Lazzaretti, Luigi Pestarino, Roberto Pesce, Gianni Bruzzone, Veronica Littardi, Luisa Puppo… Chissà che questo sintetico post non riesca piano piano a gemmare, così da dar vita nel 2022 in Liguria ad un progetto di “squadra”, ad un’iniziativa compiutamente al servizio della mediterraneità, delle ruralità valoriali (non solo superstiti bensì come volani di sviluppo e occupazione), dell’abitare sostenibile, e della cultura delle nuove generazioni.
Ligucibario® è – storicamente – un ecosistema aperto, che mescola temi, visuali e competenze, e opera in stretta sinergia con l’associazione culturale no profit “GenovaWorld”, nata nel 2020 ma già attiva su alcuni contesti quanto mai coerenti. Vi aspetto.
Umberto Curti
* il glifosato è un erbicida che negli anni ’70 del Novecento la multinazionale Monsanto diffuse col nome commerciale di Roundup. S’è imposto in quanto alcune coltivazioni geneticamente modificate gli resistono: perciò spargendolo si annienta ogni erbaccia o pianta escluse appunto quelle che s’intenda coltivare. Resa per ettaro e impegno lavorativo si “ottimizzano”. All’epoca si diffuse anche in àmbiti urbani (strade, massicciate…) che necessitassero d’esser sgombri da infestanti. È tuttora l’erbicida più utilizzato a livelli mondiali e, poiché il brevetto Monsanto è scaduto da vent’anni, viene oramai prodotto da moltissime società…