Grazie alle varie food experiences progettate da Ligucibario®, si possono irradiare anche molteplici percorsi di scoperta culturale, per chiunque desideri scoprire e condividere più in profondità le diverse anime di Genova (e della Liguria).
Gli street food (le famose focacce farinate panissette cuculli friscêu…) da piluccare ungendosi le dita sono un virtuoso pretesto per esplorare sciamadde, faïnotti, törtâe, profumi e sapori talvolta immersi tra i carruggi più antichi del centro storico, palazzi patrizi, ardesie, chiese, edicole votive.
Lì s’incontrano anche le torte di verdura, fra cui la mitica Pasqualina, culto pagano e cristiano del “buonessere” che non a caso troneggiava – ricetta 217 – già nel primo ricettario genovese, la Cuciniera di Giobatta Ratto (1863)… Non nacque di carciofi, né di 33 sfoglie, ovviamente, bensì 3 sfoglie sopra e 3 sotto, e prescinsêua obbligatoria per “accogliere” i tuorli… Ma i ristori tipici sovente preparano anche l’umile castagnaccio (magari arricchito da uvette e pinoli…), il castagno era noto come “albero del pane” in quanto, prima dell’affermarsi delle patate dal Nuovo Mondo, molto entroterra gli doveva infinita gratitudine alimentare, e lungo i sentieri liguri del trekking e del biking talvolta s’incontrano ancora gli antichi essiccatoi, i casoni, i tecci, i canissi…
Il pesto di basilico, la salsa più celebre al mondo insieme a quella di pomodoro, è un viaggio tra serre, mortai di marmo, pestelli di legno duro, ingredienti della tradizione, formati di pasta made in Liguria (troffiette, mandilli, picagge, trenette, gnocchi, testaiêu…), ed anche tra i vini bianchi delle DOC liguri, anzitutto il Pigato della Riviera di Ponente, che realizza un matching d’aromatici sensi, ma anche una profumata Bianchetta della Val Polcevera, vicinissima al centro città.
Acciughe e stoccafissi si sfidano in un derby che per i Genovesi è religione, ivi inclusi il rito della salatura nelle arbanelle, o il rito del rinvenimento in acqua, o il ricordo delle pesciaie che ad alta voce attraevano la clientela (“anciöe belleee!”). Stoccafisso e baccalà sono lo stesso pesce, il gadus morhua, essiccato oppure sotto sale. Tante le ricette (e più “veloci” le acciughe), fra cui la favolosa capponadda (di Camogli), il bagnùn (rivano), o il brandacujùn (ponentino) per raccontare altrettanto genius loci, e buon olio extravergine per non tradire la materia prima né la propria salute. La DOP Riviera Ligure – dalla cultivar taggiasca del Ponente sino alla razzola del Levante – certifica bottiglie che il mondo ci invidia, e che nascono su fasce terrazzate da muretti a secco, un paesaggio fragile ma indimenticabile, dinanzi a quel Mediterraneo una cui sola onda – secondo lo scrittore napoletano Raffaele La Capria – contiene più storia di tutti gli altri oceani riuniti…
Le trippe e le frattaglie consentono di (ri)scoprire un alimento, il quinto quarto, in voga allorché campagne e città non potevano permettersi di sprecare alcuna parte degli animali macellati (stomaci reni ghiandole sangue…). Genova cucina le trippe anzitutto “accomodate” che sta per stufate, oppure “alla sbira”, un piatto che si lega agli sbirri di guardia alle carceri della torre grimaldina, che il turista vede svettare alta proprio sopra Palazzo Ducale… E, poco lontano, giù da un carruggio quasi verticale, ecco la nota tripperia che non a caso fa parte del circuito delle botteghe storiche genovesi e alla quale auguriamo lunghissima vita.
La pasticceria ligure, e le vicende – a partire dal ‘700 – intorno al cacao e ai maître-confiseur, confermano ancora una volta la vocazione portuale di Genova, che a Caricamento e dintorni riceveva materia prima d’eccellenza (frutta secca, frutta candita, spezie…), e accanto a canestrelli e cobeletti può via via concedersi profumati anicini, quaresimali, pandolci sempre più ricchi. Poi, lungo i secoli ‘800 e ‘900, l’arrivo degli Svizzeri (i fratelli Klainguti e Vital Gaspero) e la sontuosa Sacripantina brevettata da Preti (1851) sancirono una competizione verso l’alto che tuttora fa la gioia del gourmet e del turista… Parimenti significative, nell’estremo Ponente, anche le vicende legate alla spungata di Sarzana, il dolce della Via Francigena a base di mandorle, miele…, riserva di calorie – ieri come oggi? – nelle bisacce di mercanti, viandanti e pellegrini.
Menzione d’onore conclusiva, infine, per i birrifici artigianali, che a Genova e in Liguria compongono ormai un mosaico di produzioni creative, sovente impiegando aromatizzanti davvero del terroir (castagne, chinotti, albicocche…). Oggi i migliori ristoranti propongono alla clientela, accanto a quella dei vini, anche la carta delle birre: sarà un caso?
Ecco perché le food experiences e lo storytelling di Ligucibario® concorrono alla tutela e salvaguardia delle tradizioni, ma anche alla valorizzazione di Genova, un brand ricco di valori che potrà sempre più posizionarsi presso i turismi dell’heritage ed i gastronauti.
Umberto Curti
4 feb 2020 | Pubblicato in Ligucibario
Commercio, territorio, turismo, alla scoperta di Genova
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