È la medesima preparazione che per i pesci d’acqua dolce ha nome carpione. In Veneto si sintetizza come saòr. La parola deriva dal persiano sikbag = cibo acido, transitando per lo spagnolo (e non da sciabecco!). In scabeccio si fanno pesci come le bughe, i cicciarelli di Noli (SV), le alici di Monterosso (SP), gli sgombri, le anguille, le sarde… Un tempo anche polpi e moscardini. La ricetta prevede che i pesci vengano fritti e poi marinati in aceto e odori per lunghe conservazioni – v’è chi aggiunge uvetta, chi verdurine sminuzzate – . A Savona il baccalà viene passato in pastella, e vedi anche l’agrodolce in Dellepiane (Ricettario “di magro” del 1880). A Moneglia (GE), il pesce non viene impanato ma infarinato (“antipasto di Moneglia”). Si pongono splendidamente in scabeccio – specie a fine estate – anche alcune verdure, quali zucchine, zucche, melanzane… Un tempo, specie al Sud, era cibo di strada nelle feste paesane. Il consiglio migliore è fare a meno del vino in abbinamento, di cui uccideresti l’intero dato organolettico gustativo.
Umberto Curti
Scabeccio
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