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Pornassio o Ormeasco di Pornassio

Le prime notizie risalgono al ‘300, la DOC al 2003. E’ un dolcetto (vitigno che in loco imposero per decreto i marchesi di Clavesana, rivali dei Del Carretto) di altura, subalpino e di carisma, e a Pornassio – provincia imperiese verso Savona – la sua grande festa è il primo weekend di ottobre.
I vigneti verticali, con la loro fierezza “fragile”, appassionarono anche Mario Soldati.

Pornassio, il più spettacoloso e originale paesaggio viticolo che abbia mai visto in vita mia. Immaginate un vastissimo arazzo, spesso e folto, arricciato e frastagliato, tutto sulle tinte fondamentali di un rosso acceso e violentissimo, con infinite sfumature che vanno dal marrone al violetto, dal cremisi allo scarlatto, dal fragola al rosa al giallo, con spruzzi di verde. Ma l’arazzo, oltre che denso di colori, appare fermamente costruito, secondo disegni visibilissimi, organici, funzionali: circoli, volute, serpentine parallele, che hanno lo scopo di sfruttare al massimo le concavità e le convessità, gli avvallamenti e i pronunciamenti del terreno, in rapporto all’arco che percorre il sole dall’alba al tramonto. Ne risulta una scenografia fantastica, liberamente geometrica, ma anche massiccia, di una strana violenza pittorica. Se si pensa alle vaste e blande circonvoluzioni sui colli veneti, toscani e piemontesi, la conca di Pornassio suggerisce qualcosa di più vigoroso e più vivo, qualcosa di ultimo e di eroico. L’amore degli uomini per la vigna, in tutto il mondo, non può fare di più.

La DOC prevede 5 produzioni, frutto di instancabile impegno: il rosso, il rosso superiore invecchiato un anno (12,5°), lo sciac-trà rosato, il passito e il passito liquoroso (personalmente mai visto).
Un tempo i grappoli – vendemmiati da donne e bambini – dalle ceste venivano trasferiti nei “garossi” (bigonce con manici, poste sui dorsi delle bestie da soma) sino alle botti delle cantine. Lì l’uva fermentava 4-5 giorni e veniva pigiata coi piedi. Mattino e sera questa “rappa” veniva ammollata col vino e nuovamente coperta. Infine il travaso. La prima raccolta era di Pornassio, poi di uva bianca (facile alla marcescenza), infine di pisciarina, detta anche uva di Pieve (di Teco). Alla fine dei lavori, gran festa con stoccafisso stufato e verdure lessate, brusso e caldarroste, sino alle danze della sera.

Il vino avrebbe poi accompagnato tutti gli eventi importanti della vita, matrimoni, nascite, ricongiungimenti… Ma anche ogni mattina di convalescenza, allorché il medico consigliava un tuorlo d’uovo e il vino contenibile dal guscio (e del resto anche ai pulcini debilitati si somministrava un po’ di mollica intinta nel vino…).
Fra i miei produttori preferiti, Maffone e Sereno. Il macajolo è specificamente un uvaggio a prevalenza ormeasco prodotto da De Andreis ad Albenga (SV), gradazione 12,5°.
Umberto Curti
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