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Lattughe ripiene

La parola lattuga deriva da lac (latte) per l’umore contenuto dalle foglie. Piatto settecentesco e squisitamente da periodo pasquale, la lattuga ripiena ha trovato in Franco Solari, presso la locanda Ca’ Peo di Leivi (GE), e nell’Armanda di Castelnuovo Magra (SP) due degli interpreti più affezionati e rigorosi. Come per i ravioli, il ripieno contiene anche i torsoli di lattuga detti fundu de tusciu, la cervella e altri “scarti” (vedi il Ratto, 1863), e alcuni lo soffriggono con una spruzzata di sherry o liquore simile. Intanto le foglie di lattuga romana, lavate con bicarbonato, bollono per 3 minuti. Si pone poi l’involto (cucito con refe e bagnato con albumi) nel brodo, oppure in forno per 8-10 minuti, al fine di asciugare l’umidità naturale del ripieno. Notevole, anziché appunto il brodo, la compagnia di un fondo bruno (sugo dell’arrosto), cotto per 6-10 ore. Ottimo su crostini abbrustoliti. S’accompagna ad es. ad un DOC Ormeasco Pornassio Sciac-trà (rosato) o ad un DOC Riviera ligure di ponente Rossese. Sono previste anche una versione con salsiccia, una di magro ed una coi piselli; si noti che questi ripieni sono più o meno anche quelli dei maccheroni detti maniche di frate. I capunet piemontesi sono viceversa a base di verza
Umberto Curti
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