L’etimo conduce al verbo greco mangiare. Ne esiste in Liguria un’ampia varietà: borlotti (o lumé), cannellini della Val di Vara, cenerini, dell’aquila di Pignone (dell’occhio, muneghette a Triora), dell’imperiese, bianchi, rundin, gianetti della Val Pennavaire * … Quantunque lo storico altomedievale Paolo Diacono, nella sua Historia Langobardorum, derivasse il nome Liguria da legumi, i fagioli – che impongono definitivamente sulle tavole liguri il consumo di leguminose – giungono dall’America Centrale nel ‘500-‘600, via Spagna e Provenza (i Romani conoscevano solo quelli dell’occhio, i dolici africani).
Molto proteici, si consumano freschi e secchi. Celeberrimi quelli imperiesi di Pigna, Badalucco e Conio (una frazione di Borgomaro), presidio Slow Food, coltivati su fasce a terrazza, a buccia sottile, carnosi e morbidi, apprezzati sia freschi che secchi e ovviamente nella locale ricetta della capra e fagioli – ma se ne fanno anche frittelle – . Ogni varietà è infatti adatta a talune preparazioni più che ad altre: se ad esempio i bianchi sono perfetti nelle minestre o lessi con la capra, con i gianetti si cucina una crema deliziosa…Le fagiolane (quarantine, di Torza…), a loro volta, in Liguria si gustano soprattutto con la salsiccia, col paté d’olive, con stoccafisso o trippe, nella zuppa di Gazzo d’Arroscia (SV)… Sovente, i calici in abbinamento chiedono un rosso di non eccessiva struttura
* nella vicina Bagnasco (CN) si incontra anche il tipo maumese, rampicante, che si commercia fresco.
Umberto Curti