3 dic 2020  | Pubblicato in Ligucibario

A Finale Ligure i cedri per la marmellata

perti chiostroLeggevo nei giorni scorsi, tema che da sempre riguarda Ligucibario®, di frutti dimenticati, di biodiversità recuperate… Ho già segnalato che Ispra-Arpal ha di recente edito schede descrittive di alcuni frutti rappresentativi della Liguria, alcuni più noti (l’olivo colombaia, l’albicocca valleggia, i vitigni moscatello, ruzzese, scimiscià…) altri decisamente meno, di cui, sia come sia, urge una salvaguardia sempre militante, che possa nella giusta misura “ripromuoverli” anche nelle quotidianità alimentari e nella conoscenza da parte dei consumatori.
Si tratta di arancia Armellun, olivo Gorgona, albicocca Valleggia, pero Buccun, castagno Buiasca, pero dell’Armella del seme, castagno Buinevera, pero Gastaldi, castagno Mundin-ne, pesco Dantin, castagno Pusielasca, pesco Dessiè, castagno Saigretta, pesco Michelini, cedro degli Ebrei, pummelo Sciadocco, ciliegio Camoglina, prugna Arselin-a, fico Amete, prugna Basaricatta, fico Negretta, prugna Buonboccone, fico Verdepasso, prugna Cateinetta, mela Bucapreve, prugna Negraà, mela Limonina, vite Moscatello di Taggia, mela Ciapelletta, vite Ruzzese, melo Muscin-a, vite Scimiscià, olivo Colombaia.
E, di recente, ho dialogato anche con una famiglia, storicamente gestrice di agriturismi tra Calizzano e Finale Ligure, che in un’area (a me ben nota * ) benedetta dagli dèi ha messo a dimora anche numerosi agrumi, da cui ricava – di fatto in modo casalingo – ottime marmellate fra cui, la più “rara”, quella di cedro. Citrus medica è un arbusto da frutto di cui accenna già l’enciclopedista Plinio il Vecchio, e che in Italia, come risaputo, “leghiamo” anzitutto alla Calabria
In Liguria (Sanremo, Bordighera) si ha notizia di un “cedro degli Ebrei”, grosso, giallo citrino, dalla buccia consistente. Ovviamente, come il chinotto, teme le temperature rigide. Ha polpa presenziata da molti semi, acidula. La raccolta si svolge in luglio-agosto (importante festa di Sukkot/delle capanne/dei tabernacoli nel calendario ebraico…), e settembre-novembre per le produzioni agroalimentari di confetteria.
A grandi linee il procedimento per la marmellata consiste nel raccogliere i frutti quasi maturi (ancora verdi di colore), come si fa coi chinotti. Vengono lavati e sbucciati. Si tiene la polpa e una parte di scorza, ed il tutto va a bagno in acqua per circa 2 giorni, al fine di togliere un poco di amarore. Poi si sbollentano i frutti mentre la scorza viene cotta a parte. In un secondo tempo si procede, per la marmellata, cuocendo la polpa, le scorze, e aggiungendo zucchero per una percentuale di circa 700 g per ogni kilogrammo di frutta. Si cuoce il composto sino a 57/59 brix (sostanza solida su soluzione liquida). A fine cottura si frulla tutto, si imbarattola a caldo ed infine si pastorizzano i vasetti in forno.
Va da sé che queste marmellate, che raccontano terroir e filiere brevi, non sono solo strepitose su crostate di pastafrolla e dentro gobeletti (tipicità che Finale si “disputa” con Rapallo…), ma anche in accompagnamento a formaggi “di personalità”. Perché, cari Raffaele e Raffaellino, non traguardare dunque anche una mostarda, per quelle occasioni in cui i gourmet non resistono ad un bollito misto?
* si tratta di Perti, antico “castrum” ad un passo sia dal magico faggeto del Melogno sia dalla patria del botanico Giorgio Gallesio (1772-1839), vedi U. Curti, Il cibo in Liguria dalla preistoria all’età romana, ed. De Ferrari, Genova, 2012, da p. 44
Umberto Curti
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